Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 13/4/2010 alle 08:35

Le innovazioni tecnologiche finalizzate alla tutela dell’ambiente dovrebbero assumere un ruolo chiave nella politica economica di qualsiasi governo. Non occorre essere iscritti al partito degli economisti eterodossi per sostenere la necessità di un forte intervento pubblico a favore delle cosiddette eco-innovazioni. Tra l’altro, in presenza di una crisi epocale come l’attuale, politiche pubbliche di tale natura favorirebbero anche lo sviluppo di nuovi settori e, quindi, nuove opportunità di investimento e creazione di posti di lavoro.
Due studiosi tedeschi hanno esaminato, per 25 paesi, le domande di brevetto, depositate dal 1978 al 2003 all’Ufficio Europeo dei Brevetti, riguardanti diverse tecnologie riconducibili alle fonti rinnovabili (solare, eolica, geotermica, ecc.) nonché al trattamento dei residui dei processi energetici. Mentre fino al 1995 le domande annuali di brevetto erano circa 140, negli anni successivi sono notevolmente aumentate raggiungendo nel 2003 le 440 unità. L’analisi effettuata dagli autori mostra che tale espansione è stata positivamente influenzata dalle politiche pubbliche adottate, in anni diversi, nei diversi paesi considerati. Emerge inoltre che lo sviluppo delle diverse tecnologie è legato all’impiego di specifici strumenti a sostegno dell’innovazione e della tutela ambientale (contributi pubblici o incentivi fiscali, limitazioni quantitative alle emissioni, ecc.).
L’Italia, come purtroppo era facile attendersi, non esce bene da questa analisi. Considerando il numero annuale di eco-invenzioni per unità di PIL, essa figura al 12° posto tra i 16 paesi dell’Unione Europea che sono stati considerati. Tale risultato indica chiaramente che il ritardo dell’Italia nelle nuove tecnologie riferite all’ambiente deve essere imputato alla carenza di politiche pubbliche, soprattutto da parte del governo centrale. Tuttavia, anche alle amministrazioni regionali va attribuita una parte di responsabilità.

Esaminando gli stanziamenti per il “Sostegno alle PMI per la promozione di prodotti e processi rispettosi dell’ambiente” (un regime di aiuto alle imprese che la Commissione Europea ha inserito tra i temi prioritari riferiti a “ricerca e innovazione”), su 30 miliardi e mezzo di euro complessivamente attivati dalle regioni italiane, solo il 3.6% è stato stanziato a favore delle innovazioni ambientali nelle PMI. Tuttavia, non tutte le regioni italiane hanno sottovalutato l’importanza di tali incentivi. Puglia e Piemonte in modo particolare, seguite da Abruzzo, Molise, Lazio e Provincia di Trento, si distinguono dalle altre regioni per aver destinato alle eco-innovazioni una percentuale superiore alla media nazionale.
La Puglia ha stanziato a questo fine quasi il 10% dei fondi europei.  A seguire c’è il Piemonte che ha destinato circa il 7%.Tali investimenti, ovviamente costosi, vanno concepiti come opportunità per favorire la nascita di nuove imprese, la riconversione di quelle esistenti e, quindi, la creazione e/o il mantenimento di posti di lavoro. In questa classifica la Lombardia è solo all’11° posto con l’1,9% dei fondi europei ricevuti destinato all’ambiente.

Categoria: Lombardia, Economia
Commenti dei lettori: 4 commenti -
Agostinelli, quanto pesano ELETTORALMENTE le tue riflessioni sulle classifiche delle regioni?
Scritto da Il materasso il 13/4/2010 alle 08:48
@il materasso. Penso che queste note, che non vengono mai fornite dall'informazione, vadano invece diffuse, commentate e riportate all'onore della politica partecipata. Che è invece compromessa dal ruolo di puri spettatori a cui i professionisti ci assegnano con le loro elocubrazioni sulle riforme, le coalizioni, le designazioni, sempre calate dall'alto e dalle stesse persone a tutti i livelli da quaranta anni
Scritto da Adrian Zanolla il 13/4/2010 alle 09:01
@il matersso. - Eppure queste "note informative" dovrebbero essere presenti in modo continuo non solo sui blog ma su tutti i media: è la cultura e la mentalità ecologiste che vanno sviluppate e cercare di scalfire, almeno, questo disinteresse generale della società.
Scritto da Rosella il 13/4/2010 alle 15:55
Le analisi illustrate nel post, difficilmte smentibili, dimostrano chiaramente che un "altro sviluppo economico è possibile". In italia si parla tantissimo di autonomia territoriale e federalismo. Eccolo quindi questo federalismo, la lombardia, capofila del federalismo parolaio si colloca al quartultimo posto sul modello di sviluppo proiettato verso il futuro.Ma l'unione europea, gli industriali, le compagnie delle opere ecc. ecc. NON HANNO NIENTE DA DIRE SU QUESTI DATI???
Scritto da robinews il 13/4/2010 alle 21:33
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