Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 23/4/2010 alle 09:39

Dopo tanta insistenza per tentare di convincere che ormai la crisi economica è alle spalle all’improvviso è tornata la preoccupazione e si sta scoprendo che la situazione è tutt’altro che risolta, le borse crollano, i deficit dei bilanci pubblici sono guardati con preoccupazione dai risparmiatori. La vicenda delle truffe Goldman Sachs poi fa tremare il mondo finanziario, perché lo spettro dei derivati si riaffaccia.

Del resto la “febbre” della crisi si sta riaffacciando anche sul lato della finanza, dove le nuove regole non sono mai decollate per la resistenza delle grandi banche.

Malgrado le reprimende di Sacconi, ormai tutti ammettono che la disoccupazione reale in Italia è oggi sul 10%. La percentuale è ufficialmente inferiore per effetto della cassa integrazione che maschera e ritarda i licenziamenti. Meno occupati, monte salari più basso vuol dire meno domanda interna, meno consumi, sostanziale stagnazione economica. Parole a fiumi ma fatti pochini e soprattutto le poche misure sono state adottate a livello nazionale, ampiezza del tutto insufficiente ad affrontare i problemi posti dalla crisi. Del resto questo è il limite principale dell’azione del Presidente Obama che ha affrontato le risposte alla crisi in un’ottica prevalentemente nazionale. Quindi i mercati finanziari restano nervosi, umorali, sostanzialmente ingovernabili. La quantità enorme di risorse pubbliche impiegata per impedire il precipitare della crisi per un breve periodo ha fatto pensare a nuove regole per i mercati finanziari, alla ristrutturazione del sistema bancario e perfino ha messo sotto accusa le retribuzioni dei manager finanziari. Ma il momento magico delle tanto invocate riforme è svanito rapidamente, lasciando posto a peggioramenti. Ad esempio è ormai vicina la piena legittimazione dei cosiddetti fondi sovrani, cioè fondi di proprietà di Stati (Cina, Emirati, Libia, ecc.) che decidono liberamente come usarli, che non sono contendibili e che sono quindi fuori da ogni controllo se non quello dello Stato che li possiede.

Stride poi che da un lato siano stati trovati, con misure straordinarie, i tanti soldi necessari per sostenere le banche e che sia già iniziata la presentazione del conto alle comunità nazionali più indebitate. La difficoltà a collocare i titoli di Stato della Grecia, del Portogallo, forse della Spagna, nasce proprio da un forte indebitamento pubblico per sostenere le banche e paradossalmente questo si scarica sulla comunità di quei paesi che sono chiamate a pagare il conto del salvataggio: aumento dell’età pensionabile, blocco dei salari, ecc. La crisi presenta il conto 2 volte: prima con disoccupazione e taglio dei salari, poi con tagli drastici alla spesa pubblica per risanare le finanze pubbliche sotto schiaffo perchè rischiano di non collocare il debito pubblico. Quando la speculazione avrà finito di attaccare i paesi più esposti passerà ad altri e a quel punto non basteranno le barzellette del Presidente del Consiglio a difendere l’Italia.

 

Categoria: Economia
Commenti dei lettori: 1 commento -
Hai ragione: la crisi la pagano sempre i soliti. però ti chiedo sinceramente: possibile che la sinistra italiana e europea non abbia idee alternative e la capacità di mobilitare quella parte di società che non evade, non specula e offre il proprio onesto lavoro?
Scritto da Camillo il 23/4/2010 alle 12:07
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