Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 12/7/2010 alle 11:00

Ci sono voluti sei mesi per riuscire ad ammettere il fallimento della Conferenza di Copenhagen e per decidere di voltare pagina in direzione di un nuovo accordo sul clima. Alla fine però al Climate Talks di Bonn (31 maggio-11 giugno), primo vero incontro negoziale dopo dicembre, sono stati tutti d’accordo a riconoscere che le modalità con cui è stata gestita la Conferenza e sviluppato l’Accordo di Copenhagen hanno messo in crisi il processo multilaterale e fatto vacillare il clima di fiducia tra i paesi che partecipano al processo promosso dall’ONU. L’ammissione è arrivata anche dal cinese Qingtai Yu, il rappresentante della delegazione più attiva nella creazione del percorso parallelo che ha portato pochi capi di stato e di governo compresi Obama e Lula a sviluppare autonomamente un documento per poi cercare di imporlo alla plenaria. Bisogna adesso rimboccarsi le maniche per la costruzione di un nuovo accordo che si spera possa arrivare già a Cancun (Messico), nel prossimo dicembre o, più probabilmente, in Sudafrica nel 2011. Raccogliendo le opinioni dei negoziatori a Bonn, si ha l’impressione che si sia cambiato marcia, con un approccio costruttivo ed aperto all’ascolto reciproco che sembrava impensabile anche solo fino allo scorso aprile, quando ci si è riuniti per definire l’agenda di lavoro per il 2010.
Probabilmente ciò è legato anche la consapevolezza dell’immensa delusione a livello mondiale per l’esito della Conferenza di Copenhagen, con un’opinione pubblica in cui ormai crescono i dubbi sul significato di un processo che si dimostra incapace a produrre risultati all’altezza della sfida in gioco. E forse c’è stato bisogno del fallimento di dicembre per sperare in un prossimo successo, visto che, come sostiene il rappresentante delle Isole Salomon Collin Beck, “a volte c’è bisogno di attraversare una crisi profonda per comprendere appieno i propri errori”.

Le foreste e l’agricoltura hanno finalmente occupato largo spazio anche fuori dalle stanze negoziali. La strada per un futuro accordo sul clima resta quindi ancora in salita, ma almeno adesso sembra esserci un atteggiamento piu’consapevole e costruttivo e, probabilmente, una maggiore volontà di volerla percorrere

 

Commenti dei lettori: 4 commenti -
Ben tornato Mario alle questioni del clima. Io sono interessata e spaventata dalla lontananzadella politica quotidiana da quello che è il problema per me più minaccioso e che riguarda il futuro più di ogni altro. Informaci più possibile
Scritto da Amalia il 12/7/2010 alle 09:10
Perchè mai questa materia è completamente elusa da tutta l'informazione, al punto che gli altri blog di Varesepolitica che regolarmente si sovrappongono a questo a metà mattina non se la filano proprio? Non si potrebbe colloquiare d ipiù su questioni di questa importanza? O forse ai "politici" non interessano proprio?
Scritto da Geraldo Nessi il 12/7/2010 alle 14:28
sul tema ambiente ed economia ho letto con interesse l'articolo di Paul Krugman tradotto e pubblicato in Italia da Internazionale (qui un'estratto: http://www.lestoriedialtro.it/cultura/krugman.html). Penso sia arrivato il tempo in cui un impegno serio di tutti al bene comune e al bene in prospettiva non possa esimere nessuno da pratiche sostenibili e cambiamenti strutturali di vita!
Scritto da Marco Rossini il 12/7/2010 alle 17:14
La questione è che crisi economica, crisi finanziaria, crisi sociale, crisi ambientale e crisi ecologica questa volta giungono assieme al loro culmine, ad esse è possibile dare solo una risposta complessiva.
Scritto da Enrico Bigli il 12/7/2010 alle 23:59
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