Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 12/12/2008 alle 19:34

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L'onda è partita subito dopo le vacanze. Il governo ha approvato, con la legge 133 e il decreto legge 137, una riforma di tutto il sistema formativo: dalle elementari all'Università, comprensiva degli Enti di Ricerca, senza che nessuno potesse dire nulla. Forse pensavano che potesse passare inosservata, come molti altri dei loro misfatti, ma stranamente "qualcuno" si è svegliato. La Gelmini e tutti coloro che ci stanno dietro, sono i fautori della riattivazione cerebrale di molti che fino ad adesso erano stati inattivi. Ancora oggi, dopo mesi di lotta, l’aria che si respira nelle Università italiane è un’aria di mobilitazione e di creativa attesa. Continuano dibattiti, confronti, iniziative e ingegnose messe in piedi di attività, per spiegare anche agli esterni, genitori e famiglie in primo piano, motivi, strategia e finalità della protesta. Diciamo subito che non è come il '68, almeno per quel che se ne dice, non è la stessa cosa. Oggi siamo di fronte ad una rottura epocale, non solo generazionale. Siamo di fronte ad una situazione economica drammatica che è causa di disgregazione sociale, perdita di diritti e rende il futuro incerto.  Mai slogan fu più appropriato di quello che abbiamo gridato in tutte le piazze d'Italia: ”NOI NON PAGHEREMO LA VOSTRA CRISI”. La classe politica di questi ultimi decenni ci ha ipotecato il futuro. La globalizzazione è stato il più grande scippo che le classi più deboli delle società mondiali hanno subito. Un travaso di ricchezze dai poveri ai ricchi. E' questa percezione che ha fatto scatenare gli studenti. Ci accorgiamo che siamo fregati prima del tempo. Abbiamo un futuro rubato. Questo ci fa incazzare parecchio. La protesta è entrata dirompente nelle facoltà universitarie di tutta Italia e si è sviluppata molto velocemente. Sono state molte le occasioni che hanno fatto notare l'esistenza e la forza di questo movimento. Il governo ci ha ovviamente ignorato dandoci la facile etichetta di “pochi facinorosi”. Questo movimento andrà avanti malgrado la quasi assenza di sponde politiche serie. Questo è il dato più sconvolgente e serio del nostro Paese. Questa è una delle differenze più corpose con gli avvenimenti del '68.  Io l’ho vissuto dall'interno, ed è stato bellissimo, gli ultimi ruggiti di una libertà che ci stanno togliendo pezzo per pezzo, senza farcelo notare e senza farcelo sentire. Noi studenti siamo stati tra le poche componenti della società a rendercene conto. Ricordo bene e mi ricorderò sempre le secchiate d'acqua dalle finestre, gli insulti, le persone ai bordi della strada che ti guardano e ti dicono che manifesti solo per saltare la scuola (anche se all'Università non c'è bisogno di scuse per saltare le ore di lezione e quando andavo al liceo non aspettavo certo le manifestazioni per andarmene a spasso se volevo farlo), per non parlare della poca simpatia delle forze dell'ordine, che continuano a spacciarsi come quelli che dovrebbero difenderci. Ma se si manifesta per la scuola, come facciamo a essere noi quelli che non vogliono studiare?
 

 

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