Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 21/1/2009 alle 14:56

                                                                        Buenos Aires è in ferie: il ferragosto sudamericano coincide con il mese di Gennaio e quindi si possono respirare ritmi e frequentare spazi non consueti. Tutto è più intimo e meno congestionato e gli incontri programmati si prolungano per tutto il tempo che si vuole, alimentandosi di curiosità e di evocazioni improvvise, rivoluzionando la gerarchia delle priorità suggerite dalle normali cadenze.

Così vorrei partire dalla lentezza e dalla dimensione del tempo che si incontra nelle librerie di Buenos Aires. Frequentissime, sono centri di incontro nel quartiere, luoghi di riposo nella giornata, memoria dei personaggi locali, con le loro foto alle pareti e tra le grandi poltrone dove si sfogliano libri e giornali. I librai sono depositari di confidenze, discreti raccoglitori di notizie politiche nell’Argentina dove la democrazia è sempre stata repressa, tessitori di quella ricostruzione della storia dei desaparecidos che è affidata a madri, nonne, parenti, testimoni occasionali.

Se sei affiancato da un amico locale – è il mio caso – il libraio ti ascolta, ti racconta, si avvale di libri sepolti in pile che ritrova al volo. Ha molto tempo per te: se occorre ti chiede di ritornare perché un altro libraio forse ha quel che ti occorre e lui lo incontrerà apposta. Rincorre i libri nella città, non li ordina, ma li scova. La sua è una attività poco commerciale o, almeno, non appare tale: la sua rete non è internet e il suo computer interviene solo a valle della sua indagine con il cliente. Così le librerie si specializzano sulla passione del libraio, diventano sedi di spettacoli teatrali, hanno piccole cucine e qualcosa che bolle in uno stanzino. Poi ci sono le grandi librerie, come El Ateneo, una specie di messa cantata dei librai. Un ex teatro d’opera stupendo, riempito dalla platea al loggione di testi, volumi, dischi, manifesti e con un palco destinato a caffè.

Ho voluto partire da qui per introdurre l’Argentina, una terra di immigrazione in prevalenza italiana, dove anche le contraddizioni e i valori forti trasmessi e conservati parlano molto di quel che l’Italia è diventata oggi. Non sono teneri gli Argentini con questa Italia e non lo sono con Varese, da loro identificata anche attraverso le notizie dei quotidiani – Bossi, Maroni, Paragone sono citati, ma non certo come star - con una chiusura mentale e con una regressione egoistica che non ci fa piacere ascoltare. Soprattutto da quei librai immigrati, che avendo una concezione conviviale del loro tempo e della loro funzione, scuotono la testa a pensare a come sarebbe andata a loro e ai loro nonni se fossero cento anni fa sbarcati in Padania.

 

 

Categoria: Idee e proposte
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