Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 16/7/2009 alle 09:47

Dalla mia esperienza politica ho imparato che anche le disavventure e i passi falsi possono essere utilizzati per correggere storture e risollevarsi più forti di prima. Mi riferisco in questo caso alle regole congressuali e delle primarie dopo Grillo, ma non solo. Il congresso deve servire anche a discutere di questo e cioè, concretamente, della “forma partito”. Questa materia non può essere elusa nei progetti dei candidati.
Mi spiego meglio riprendendo alcune considerazioni che ho già svolto. Le primarie sono ormai nel DNA del Pd. Un partito che affidasse le sue scelte solo agli iscritti tradirebbe lo spirito originario del nostro progetto politico. Le primarie debbono essere attuate per sindaci, presidenti di provincia, presidenti di regione e per i parlamentari se continueranno ad essere nominati dai partiti e non dagli elettori. Per i segretari regionali e nazionali è necessario invece scegliere tra congresso e primarie eliminando astruserie e sovrapposizioni che implicano il rischio di una doppia delegittimazione: delle primarie sul congresso se il risultato congressuale venisse sovvertito, e poi delle assemblee nazionali e regionali sulle primarie se le primarie non dovessero dare un vincitore con oltre il cinquanta per cento del consenso. Questo significherebbe una cesura profonda fra iscritti e corpo elettorale, il che sarebbe insopportabile. Inoltre per le assemblee è necessario adottare le preferenze e non le liste bloccate.
Oltre a tutto ciò ci sono altre norme che debbono essere ripensate. Oggi è finalmente scomparsa quasi del tutto dal nostro dibattito la questione del partito del nord, che richiama automaticamente il partito di altre grandi aree territoriali. Resta in campo l’obiettivo reale e importante dei partiti regionali dentro una forza autenticamente nazionale. Finché gli elettori non avranno la certezza che i gruppi dirigenti locali e quindi tutti i candidati alle cariche politiche, amministrative e istituzionali sono scelti con autonomia dai territori, il Pd non recupererà consensi importanti. È verissimo che questo non avviene nell’altro campo, ma per noi questo comportamento diventa indispensabile per vincere la diffidenza dei cittadini.
Lo Statuto prevede già un certo grado di autonomia, ma le regole elettorali e la pratica politica vanno sistematicamente nella direzione opposta. L’esempio più eclatante è fornito dalle norme congressuali. I segretari regionali sono votati ed eletti contemporaneamente al segretario nazionale. È scontato e inevitabile che le piattaforme, i candidati, le logiche trainanti saranno quelle nazionali. Avremo in questo modo il segretario regionale di Bersani, quello di Franceschini, quello di Marino. Il rischio è che tutto ciò si ripeta a cascata per i segretari provinciali e per i più importanti segretari cittadini. È, di fatto, il trionfo del centralismo democratico, espressione nella quale conta, come sempre, solo il sostantivo “centralismo”, non l’aggettivo “democratico”.
Io invece vorrei discutere del segretario regionale e del nostro progetto per la Lombardia senza l’ipoteca soffocante delle candidature nazionali. Se questo non accade l’autonomia regionale viene uccisa in culla. Il sistema adottato per questo congresso è la negazione del partito federale. Quale impostazione avranno le proposte dei candidati nazionali? Ecco uno dei contenuti importanti del congresso che dovremo valutare con attenzione.

Categoria: Idee e proposte
Commenti dei lettori: 12 commenti -
Lucido, come sempre. Giuseppe, dal momento che finisce il tuo mandato in Regione, perche' non ti spendi per far crescere il PD a Varese e aiutare DAVVERO il rinnovarsi di mentalita' e classe dirigente?
Scritto da Andrea il 16/7/2009 alle 10:51
Condivido totalmente. Abbiamo sofferto del male del leaderismo e abbiamo voluto fare regole che sposassero modelli alternativi di partito col risultato di creare un ibrido "mostruoso". Comunque vada occorre che chi vince metta mano, con l'apporto di tutti, alle regole. E speriamo che un soprassalto di orgoglio politico faccia fare un passo in avanti alla classe dirigente del pd lombardo che, fino ad ora, non ha dimostrato di essere degna di questo titolo.
Scritto da Roberto Molinari il 16/7/2009 alle 12:09
Andrea, Adamoli finisce il suo mandato in regione come tutti. Credo che debba tornare qui e molti in regione la pensano così.
Scritto da Funzionario in regione il 16/7/2009 alle 13:22
Ecco una posizione chiara sul partito che si vuole costruire. Si può non essere d'accordo, ma l'ipotesi è trasparente. Spero che il congresso vi dedichi l'attenzione dovuta.
Scritto da Marco il 16/7/2009 alle 13:29
Mi sembra che ultimamente il PDL (Partito Democratico della Lombardia) come ha voluto chiamarsi,da un po di tempo ha tradito il suo iniziale slancio di autonomia. E' già inglobato nelle logiche e nel dibattito romano delle vicende congressuali e non pensa più al nord e al perchè si perde con tanta abbondanza. Concordo che la fine dei mandati elettorale debbano deciderlo gli elettori e non sterili regole interne che impoveriscono la qualità nelle nostre aule parlamentari nazionali e regionali.
Scritto da Nicola il 16/7/2009 alle 14:46
Sono di parere diverso nel senso che vorrei le primarie anche per il leader ed escluderei subito l'ipotesi del congresso tradizionale. Però è sempre un piacere leggere le tue considerazioni. Parli a ragion veduta e non sei mai banale. Dissento ma rispetto. Cosa che non mi riesce facile con molti altri. Forse dico così perchè posso votare alle primarie e non al congresso.
Scritto da Ossola Luigi il 16/7/2009 alle 14:47
Caro Giuseppe, ho appena letto sul blog il tuo post riguardante le regole elettorali, ecc. Sono completamente d’accordo sull'importanza di queste scelte e della necessità della forma federativa ed agganciata ai territori: solo questo può riavvicinare elettorato, controllo e interpreti di partito. La mia opinione sulla scelta tra primarie e congresso per i segretari regionali e nazionali è netta: il congresso. Questo impedirebbe l'esistenza di teste non coese agli altri organi del partito alla ricerca di visibilità individuale, a danno dell'immagine stessa del partito. L'elettore comunque avrebbe il potere di bocciare le candidature (da premier per segretari nazionali, da governatore regionale per i segretari regionali ecc.) eliminando di fatto il problema dei Soloni, dei candidati paracadutati, non inseriti nel territorio ecc. Certo tutto è possibile distorcere ma credo che questo sarebbe l'equilibrio migliore... inoltre purtroppo credo che sono troppo pochi gli elettori che andrebbero a votare alle primarie consapevoli a livello regionale di quanto fatto o proposto dai candidati alla segreteria....
Scritto da GianMarco Calella il 16/7/2009 alle 15:13
Lei traccia un quadro che condivido, chiaro e semplice. Purtroppo la struttura del PD deve ancora trovare la sua definizione. Non sono iscritta ma seguo abbastanza la politica.
Scritto da Giacomina il 16/7/2009 alle 16:05
Ottimo commento. Mi preoccupa però un'altra cosa. Non riesco a capire bene chi vota per Francerschini, chi per Bersani e chi per Marino. E soprattutto perchè lo fanno.
Scritto da Rodolfo D. il 16/7/2009 alle 16:13
Funzionario, non voglio 'mandar via' Giuseppe dalla Regione, ci mancherebbe! Lo invito solo a considerare un impegno piu' diretto nel costruire il PD in provincia, poi vedra' lui!
Scritto da Andrea il 16/7/2009 alle 16:35
Ecco un modo di ragionare che apprezzo. Sulla forma che il partito deve prendere offri spunti molto interressanti.
Scritto da Ex DS di sinistra il 16/7/2009 alle 21:51
Mi trovo nella stessa situazione di Rodolfo D. E' difficile trovare una motivazione politica a tante scelte per questo o quel candidato.
Scritto da Vittorio il 16/7/2009 alle 21:55
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