Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 28/10/2011 alle 09:09

 

Ho un giudizio positivo dell’amministrazione di Giuliano Pisapia e della sua discontinuità rispetto agli ultimi  decenni. L’ho detto e ripetuto sul blog.
Mi ha però sorpreso sfavorevolmente la rottura con la tradizione dei suoi predecessori Gabriele Albertini e Letizia Moratti che nei giorni dall’1 al 4 Novembre dopo la celebrazione ufficiale dei morti della Resistenza andavano a rendere un saluto anche ai caduti della Repubblica di Salò (Repubblichini, per i lettori più giovani).
Sono cresciuto nel mito della Resistenza. Mi affascina ancora oggi la storia della Liberazione dell’Italia. Mi ha dato solo fastidio la strumentalizzazione sfaciata dell’arco costituzionale (l’esclusione degli eredi veri o presunti del regime fascista dal novero dei partiti democratici) che ancora negli anni Ottanta ne facevano la Dc e il Pci solo per bottega elettorale.
Mi domando perché il sindaco di Milano dovrebbe negare la sua presenza al ricordo dei Repubblichini che hanno pagato col sangue, spesso in età giovanissima, la propria fede ideologica.
La sua partecipazione, pur senza simboli municipali, sarebbe un altro giusto atto di riconciliazione che, dopo 70 anni da quegli eventi, nulla toglie ai valori della Resistenza scolpiti nella Carta costituzionale.
 
 
 
Categoria: Persone
Commenti dei lettori: 68 commenti -
Caro Giuseppe concordo con le tue parole. Un gesto di “pietas” sarebbe stato assolutamente “istituzionale” da parte di Pisapia e non ne sarebbe certo uscito sminuito il valore della resistenza. Anzi. Quello che oggi, tuttavia, va rifiutato e questo è il limite, il confine da non superare è mettere sullo stesso piano i morti della guerra civile italiana. Tutti si batterono per un ideale, ma alcuni morirono per mantenere l’Italia sotto una dittatura che aveva annullato le libertà e promosso le leggi e persecuzioni razziali. Altri morirono per la libertà e per un mondo capace di promuovere la giustizia sociale. Certo non tutti di quelli che combatterono nella resistenza volevano la nostra stessa libertà. C’era chi voleva la dittatura del proletariato e instaurare un regime comunista. Ma questo non cambia la sostanza. Al dunque si schierarono per la libertà e accettarono le regole della democrazia. Se avessero vinto gli altri non credo che le cose sarebbero state uguali, visto che per venti anni avevano sostenuto una dittatura e portato il Paese alla guerra.
Scritto da roberto molinari il 28/10/2011 alle 09:30
Ogni tanto, ma troppo raramente, viene fuori il guizzo dell'Adamoli che io conoscevo e votavo. Poi la compagnia moscia e fuorviante dei Ds lo hanno cambiato in peggio.
Scritto da Tuo ex sostenitore il 28/10/2011 alle 10:11
Approvo ogni parola del post anche se sono un ex comunista.
Scritto da Ex Pci Gallarate il 28/10/2011 alle 10:36
Caro Roberto, concordo. il mio post, come tu hai capito benissimo, non voleva mettere sullo stesso piano di riconoscenza chi ha combattuto una guerra giusta, che ci ha dato la democrazia, e chi quella sbagliata. Dopo così tanti anni il saluto a tutti caduti che ritenevano di battersi per il bene e la difesa della Patria lo ritengo doveroso.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 28/10/2011 alle 10:37
Secondo me invece Pisapia fa benissimo. Erano e restano fascisti. Compresi quelli che si nascondono nel Pdl.
Scritto da Gaspare il 28/10/2011 alle 10:55
Cari Giuseppe e Roberto, una volta tanto non sono d'accordo con voi. Un tale gesto, proprio perchè del primo cittadino di Milano, non sarebbe percepito da molti, me compreso, come un gesto di pietas umana, ma di sostanziale oblio, se non assoluzione, delle profonde ragioni che dividono per sempre, sul piano storico, politico e morale, coloro che stavano dalla parte giusta da coloro che stavano dalla parte sbagliata.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 28/10/2011 alle 11:24
I morti sono davvero tutti uguali, a tutti va riconosciuta dignità e buona fede; sono le ragioni per cui sono morti e le conseguenze che ne sono derivate ad essere diverse. La Resistenza ha sicuramente contribuito, unitamente alla vittoria militare degli Alleati, alla instaurazione di una vera democrazia anche per gli sconfitti che non la volevano; ma le motivazioni dei resistenti furono diverse: chi la considerò una lotta contro il tedesco invasore e chi, invece, la premessa per una radicale riforma della società. La “Repubblica di Salò” fu un tragico errore: senza di essa gli italiani sarebbero stati ugualmente sotto l’occupazione germanica ma, probabilmente, non vi sarebbe stata guerra civile. Tra i “repubblichini” non tutti errano fascisti ( il fascismo cadde il 25 Luglio 1943 senza alcuna opposizione) ma molti non condivisero il modo vergognoso con cui il governo Badoglio arrivò alla conclusione dell’armistizio l’ 8 Settembre successivo e la fuga disonorevole della Corte e dei comandi militari che portò ad un caos immane, percepito come “la morte della Patria”. La Resistenza è un fenomeno importante e complesso che va meglio conosciuto nei suoi prevalenti aspetti positivi ma anche in quelli negativi; più che la retorica che l’ha accompagnata in passato serve una onesta narrazione dei fatti. Solo così diventa “memoria storica” condivisa e non un orpello da cancellare e una drammatica esperienza da dimenticare.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 28/10/2011 alle 11:41
D'accordo che la Repubblica di Salò fu un gravissimo errore ma rifiutare ancora il saluto, dico solo il saluto, ai caduti repubblichini dopo tanti anni è una mancanza di riguardo che si deve a tutti gli italiani morti in guerra.
Scritto da Manfredi Luigi il 28/10/2011 alle 13:41
Mi ritrovo nel post di Adamoli e nel bel commento di @Camillo Massimo Fiori.
Scritto da Rosangela M. il 28/10/2011 alle 14:11
Sto partendo per tre giorni di vacanza. Conoscere queste considerazione di una persona importante del Pd mi rincuora. Mio papà da giovane aveva un orientamento fascista e repubblichino, poi se n'è pentito ma soffriva nell'ascoltare certe accuse rivolte a tanti giovani pressoché ignari che si erano immolati. Mi piace leggere che un atto di riconciliazione "dopo 70 anni da quegli eventi, nulla toglie ai valori della Resistenza scolpiti nella Carta costituzionale". E' la mia opinione.
Scritto da Giulio il 28/10/2011 alle 14:23
Caro Giuseppe, condivido pienamente la tua riflessione ed il tuo giudizio critico sulla scelta di Pisapia. Non si tratta né di pietas cristiana, né di riconciliazione, né di oblio. Semplicemente trovo insensato innanzitutto non distinguere il ruolo politico da quello istituzionale. Inoltre, in un momento come quello attuale, in cui è così difficile rendere riconoscibili le reali differenze tra i partiti e gli schieramenti nelle scelte amministrative e politiche che contano, considero ideologicamente residuale voler rimarcare la propria diversità soltanto in occasione di un evento celebrativo come quello della ricorrenza dei caduti per la patria.
Scritto da Leonardo C. il 28/10/2011 alle 14:50
Condivido le tue osservazioni e, come sempre quelle di Camillo Massimo Fiori.
Scritto da Un amico che ti stima il 28/10/2011 alle 15:12
@Mariuccio Bianchi - Quando mi è capitava (spessissimo) di celebrare il 4 Novembre o il 25 Aprile, anche da giovanissimo sindaco, trovavo sempre il modo di infilare un ricordo dei morti della "parte sbagliata". Una volta a Induno Olona sono stato contestato garbatamente da un gruppetto di comunisti con la bandiera rossa. Ne ho parlato con Aristide Marchetti, uomo della Resistenza, sindaco, presidente della provincia e poi parlamentare. Rammento benissimo le sue parole. Non sacrificare mai il pensiero per tutti i caduti alla nettezza della condanna politica. L'omaggio va sempre rivolto a tutti.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 28/10/2011 alle 15:40
La pietas ci può stare, ma non è un atto dovuto, deve rimanere nella sfera personale, senza affacciarsi a manifestazioni pubbliche, dove Albertini e Moratti cercavano probabilmente consensi dal loro elettorato o si univano ad un qualunquismo strisciante che vorrebbe tutto uguale e così negare valori fondanti del nostro paese. Il coraggio di riconoscere che quei giovani hanno sbagliato, pietas per i morti e soprattutto per le loro scelte di vita per cui la repubblica non ha nulla da celebrare.
Scritto da L.B. il 28/10/2011 alle 15:41
Non erano nei valori repubblichini uguaglianza, democrazia e, non da ultimo, la scelta di non risolvere con conflitti i contrasti nazionali o internazionali (anche se gli ultimi interventi in giro per il mondo pongono qualche dilemma). Mi fanno e mi faranno sempre pena quei giovani ma perchè il 4 novembre bisogna porgere loro il saluto? Mettiamo attenzione invece alla nostra scuola che rischia di non essere più in grado di insegnare a discernere ciò che è giusto e democratico e ciò che non lo è
Scritto da L.B. il 28/10/2011 alle 15:59
C'è chi combatteva per la libertà e per la democrazia e chi invece per la dittattura. Non è la stessa cosa.
Scritto da Andrea il 28/10/2011 alle 16:12
Quante parole dure per i ragazzi di allora! Sono passati 70 anni, dire che combattevano la battaglia sbagliata è corretto, non ammetterli nella memoria della patria è un controsenso.
Scritto da Maurizio il 28/10/2011 alle 17:30
Parlano tutti su questo blog salvo quelli che comandano nelle sedi del Pd. Loro se ne fregano dei blog. Pancia piena e testa vuota.
Scritto da Il perfido il 28/10/2011 alle 17:40
Va bene il ricordo di tutti i caduti. Ma gli onori per i caduti per la libertà sono ben altra cosa. C'è chi combatteva per la democrazia e chi per il regime. Non è una questione di "parte sbagliata" ma di ideali sbagliati. Non è anacronistico combattere anche oggi dittattura e tirannia.
Scritto da semplicemente democratico il 28/10/2011 alle 17:57
Togliere all’ “anti-Resistenza” la dignità di soggetto oltre che di evento storico per ridurlo a fatto privato da ignorare significa sminuire il valore della stessa Resistenza come esperienza fondante della nostra democrazia che è nata per tutti e non solo per la parte che ha vinto. Le ragioni degli uni e degli altri non sono comparabili ma le circostanze non furono così nette come si vorrebbe far credere; spesso fu il caso a decidere da che parte stare e i passaggi da un fronte all’altro non furono solo delle eccezioni. L’intransigenza è figlia di un mito ideologico che i veri resistenti giustamente non condividono. Per analogia, i “cattolici” che rifiutarono di accettare il “modo” con cui il Risorgimento fu realizzato non furono considerati degli “anti-italiani”. Allo stesso modo i “ repubblichini” pur dando una valutazione completamente sbagliata lo fecero in nome dell’ Italia e anch’essi non devono essere considerati degli “anti-italiani”. Celebrare vuol dire essenzialmente ricordare; i modi possono essere diversi per celebrare il sacrificio degli uni e degli altri, con le doverose distinzioni , ma di fronte ad una pagina tragica della nostra storia non possiamo dimenticare che fu storia comune. Gli italiani, con un impeto di generosità indimenticabile, aiutarono gli “sbandati” dell’ 8 Settembre, aiutarono i renitenti,i partigiani, i perseguitati politici e gli ebrei ma, quando la lotta si prolungò oltre la fine della guerra, aiutarono anche i vinti. Se vogliamo che la Resistenza diventi una fatto che unisca e non divida gli animi, dobbiamo valutarla da un punto di vista nazionale e non di parte. La Resistenza è un patrimonio comune di tutti gli italiani, da qualunque parte si siano schierati in buona fede o abbiano solo assistito agli eventi (la cosiddetta “zona grigia”).
Scritto da Cmf. il 28/10/2011 alle 18:14
Credo che abbia ragione @Lenardo C. quando scrive che bisogna distinguere fra ruolo politico e ruolo istituzionale. Il sindaco rappresenta tutta la città e sarei soddisfatto se esprimesse un'attenzione umana a tutti i caduti. Perché negarla? E' questo che vorrei dire a @L.B. Ci sono tanti sindaci che pronunciano quelle parole senza che siano alla ricerca di consenso politico. Sulla scuola, le preoccupazioni di @L.B. sono anche le mie, però dobbiamo riconoscere che ci sono dei libri di testo che dovrebbero essere corretti anche nel loro strabismo verso posizioni vetero comuniste. Che bisogna combattere anche oggi ogni dittatura e tirannia, come dice @Semplicemente democratico, sono assolutamente d’accordo.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 28/10/2011 alle 18:20
Ringrazio @Camillo Massimo Fiori per il suo apporto preziosissimo. Sottoscrivo sia il primo che il secondo commento.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 28/10/2011 alle 18:21
A proposito di quello che scrive @Il perfido, è sparita anche Luisa Oprandi. Tanto tuonò che piovve.
Scritto da Una lettrice il 28/10/2011 alle 18:31
Va rifiutata in blocco la melassa revisionista di quest'ultimo decennio che tende, anche in molta pubblicistica, a mettere tutti -resistenti e repubblichini -sullo stesso piano. Credo invece si debba distinguere> come predicava Giovanni XXIII°. Dunque l'adesione al nazifascismo, alle sue pratiche di morte e al totalitarismo è da condannare senza appello oggi come domani. Il rispetto va invece alle persone -credo una minoranza - che scelsero quella strada in buona fede
Scritto da cesare chiericati il 28/10/2011 alle 18:33
Mi spiace, Giuseppe, ma questa volta non sono d'accordo. Le ragioni del mio dissenso sono state egregiamente espresse da @Mariuccio Bianchi. Le faccio mie. Dove sta scritto che per il solo fatto di essere 'morti' si debba essere tributari di un riconoscimento? Solo perché hanno perseguito fino in fondo e con coerenza un disegno che, se avesse avuto successo, avrebbe portato a conseguenze che non oso nemmeno immaginare? La pietas è un fatto privato; l'omaggio di un'autorità civile un'altra cosa.
Scritto da Angelo Eberli il 28/10/2011 alle 19:05
Otttimo @Fiori e bravo @Adamoli a impostare e suscitare il dibattito. Condivido il loro punto di vista aperto e non di parte.
Scritto da Bortoluzzi il 28/10/2011 alle 19:15
Ho già avuto occasione di accennare alla mia infantile esperienza della Resistenza, nel 1943-44, in Alta Lunigiana. Avevo 11-12 anni. La mia famiglia era alla macchia - mio padre, operaio militarizzato, dopo l'8 settembre non si era più presentato al lavoro, per la diffusa illusione che la guerra fosse ormai al termine. Sento ancora il voluttuoso sapore dell'odio per i fascisti e i tedeschi “e la vita era un lacero straccio che non pesava sul piatto del destino”. Nelle brigate si affermava il mito dell'URSS e del compagno Stalin... Alcuni anni dopo fui sottotenente della Divisione Mantova, schierata sul fronte orientale contro la Jugoslavia, nel tempo della crisi di Trieste. Spesso, negli anni successivi, mi sono chiesto come avrei reagito all'onta incancellabile dell'8 settembre 1943, se fossi stato allora un ufficiale dell'Esercito, un soldato in armi. Avrei potuto – in coscienza e legittimamente - scegliere la fedeltà all'alleato tedesco e a Benito Mussolini. Ma – in coscienza e legittimamente – è probabile che avrei scelto la Resistenza. Perciò, per me, coloro che in coscienza scelsero la “parte sbagliata” e combatterono e morirono con dignità, meritano rispetto e cordoglio. Dopo quasi settant'anni tutti coloro che con onore caddero per la Patria hanno il diritto di essere accomunati nel ricordo. Il disonore è di coloro che insultano i Caduti.
Scritto da ulderico monti il 28/10/2011 alle 20:14
Condivido, da ultimo, il commento di @Ulderico Monti. Come altri commenti, è sensato e fondato su considerazioni che meritano assoluto rispetto.
Scritto da Iscritto Varse il 28/10/2011 alle 20:47
Condivido le note di Cesare Chiericati e di Angelo Eberli. Mi trovo d'accordo col dire che il rispetto va alle persone che scelsero la strada del nazifascismo in perfetta buona fede.Ce ne furono certamente. Ne ho conosciuti. Non mi sento di rispettare ( tanto meno che lo facciano i rappresentanti delle Istituzioni ) i torturatori, i feroci assassini, gli autori di infami rappresaglie verso popolazioni civili di interi paesi. Chi non ha vissuto direttamente certi momenti forse non può capire.
Scritto da A. Vaghi il 28/10/2011 alle 21:38
Si tratta di un tema ancora che scalda gli animi. Giusto parlarne. Condivido la tesi di @Cesare Chiericati, meno quella di @Angelo Eberli. Non riesco a capire come possa @A. Vaghi che esprime bene il suo pensiero a metterle entrambe sullo stesso piano. Chiericati non dice che il saluto "senza simboli municipali" (tesi Adamoli) sia un errore, dice che non si possono mettere sullo stesso piano "resistenti e repubblichini". Concordo anch'io.
Scritto da Vittorio il 28/10/2011 alle 21:56
Il trascorrere di più di mezzo secolo ha messo a riparo le nuove generazioni da quei tragici momenti di guerra civile. Infatti, ricorda giustamente @A. Vaghi: “Chi non ha vissuto direttamente certi momenti forse non può capire”. Chi non ha vissuto nella propria carne quei giorni e mesi di violenze e privazioni corre il rischio di rifugiarsi in un oblio superficiale, in un “volemose bene” finto e, pertanto, sterile. Pisapia aveva davanti a sé due strade: una razionale, che l’avrebbe portato a commemorare i morti in generale (e le polemiche sarebbero sorte durante e dopo). Un’altra, irrazionale, legata alla sua storia politica, che l’ha portato a fare questa scelta (e le polemiche si sono generate prima). Sempre di polemiche si tratta. Non è sbagliata la posizione di Adamoli. Utile la riflessione di Molinari. Ma, accantonando la mente, con il cuore sento di stare con Eberli, Bianchi, Chiericati e Vaghi.
Scritto da Mafalda il 28/10/2011 alle 22:24
Scrive @Chiericati: "Dunque l'adesione al nazifascismo, alle sue pratiche di morte e al totalitarismo è da condannare senza appello oggi come domani. Il rispetto va invece alle persone -credo una minoranza - che scelsero quella strada in buona fede". Se Pisapia facesse visita in forma privata al campo dove sono sepolti i repubblichini saluterebbe le persone non legittimerebbe il nazi-fascismo. Mi sembra fuori discussione.
Scritto da Pd Sesto S. Giovanni il 28/10/2011 alle 22:34
Sono arrivato a questo post su suggerimento di un compagno di università via facebook. Il dibattito è veramente interessante ma quanti comunisti su questo blog. Anche Adamoli probabilmente lo è (un Pd cresciuto nel mito della Resistenza) ma almeno esprime compassione umana anche per chi ha sbagliato più di 70anni fa. Per noi giovani questo sentimento è più importante di mille prediche astratte.
Scritto da Giovanni B. il 28/10/2011 alle 22:51
Ancora fascisti contro comunisti ma non vi sembra ora di cambiare? Non vincerete più le elezioni e non conquisterete i voti dei giovani.
Scritto da Luisa il 28/10/2011 alle 23:11
Sono d'accordo col commento di Giovanni B. E' ora di voltare pagina. Abbiamo bisogno di testimoni oltre che di lezioni storiche. Mi scuso per l'irruenza, stasera mi è andato tutto male e sono già a casa.
Scritto da Agosti Rino il 28/10/2011 alle 23:21
@Mafalda è un po' democristiana. Un colpo di qua, uno di là e va là che vai bene.
Scritto da Aspide il 28/10/2011 alle 23:30
Quelli che destra e sinistra non se ne può più, oh yes, quelli che anche rosso e nero non se ne può più ma poi si sono trovati i verdi, gli azzurri e il popolo viola, oh yes, quelli che pensano che l’ANPI sia l’Associazione Nazionale Paracadutisti Italiani, oh yes, quelli che tirano Pisapia per la giacchetta Loro Piana a sinistra e quelli che la tirano al centro, oh yes, quelli che a Milano sono tutti comunisti ma la borsa della spesa l’hanno data a Tabacci, oh yes, quelli che la Resistenza non è mai esistita, oh yes, quelli che la Resistenza l’ha inventata Borrelli con “resistere, resistere, resistere”, oh yes, quelli che nella loro cultura mostruosa (Paolo Villaggio) sono convinti ancora oggi che Auschwitz fosse una colonia elioterapica voluta dal Führer per i bambini ebrei, oh yes, quelli che ‘addavvenì’, ma non passa nemmeno l’uno barrato, oh yes, quelli che aspettando Godot non riescono a godere di nulla, oh yes, quelli come Agosti Rino che al venerdì sera gli va tutto male, tornano a casa presto, si attaccano al computer e se la prendono con Adamoli, oh yes, quelli come me che stasera non sono usciti e sono contenti di un venerdì sera in pantofole, oh yes, quelli come me che adesso chiedono scusa a Jannacci per aver storpiato una sua canzone, oh yes, oh yes, oh yes, oh yes
Scritto da Frank Slade il 29/10/2011 alle 00:32
Caro @Ambrogio Vaghi, ti conosco e stimo da molto tempo. Per questo ti faccio una domanda che ho in testa da alcuni anni. Sei sicuro che se avessimo governato noi del Pci avremmo garantito a tutti la democrazia che avevamo conquistata con la Resistenza e che abbiamo goduto noi in tutto il dopoguerra?
Scritto da Ex Pci Gallarate il 29/10/2011 alle 08:15
@Aspide, e dai con questa storia dei democristiani che stanno un pò di qui e un pò di là. Se prendiamo Giuseppe sul blog (ma è sempre stato così) le sue opinioni sono molto nette anche su questioni spinose che potrebbe evitare di trattare, vedi bioetica, congressi Pd, ecc. Tanto che sono gli ex Ds che lo accusano di essere troppo spigoloso. Il mediare, il trovare le intese con gli altri è un'altra cosa, una cosa positiva che manca a chi governa oggi.
Scritto da Lorenzo il 29/10/2011 alle 08:50
Con grande diletto e godimento mi son letto il magistrale intervento di Frank Slade e mi accingo ad inviarlo ad alcuni amici affinché si dilettino con me. Mi vien da dire che della polemica antifascismo versus fascismo, ormai non se ne può più! Servì, la polemica, nei decenni andati, per non parlare dei delitti staliniani che noi comunisti avallammo e giustificammo con fede imperitura: vent'anni di fascismo, dieci anni di nazifascismo, un anno e mezzo di Repubblica sociale, si contrappongono a sessant'anni di comunismo sovietico. La bilancia della contabilità dei delitti (e del tradimento delle speranze e delle aspirazioni di riscatto) pende tutta da parte! Ma noi comunisti preferimmo occultare e mistificare, nella diuturna polemica contro l'imperialismo e la Chiesa cattolica (ah, il rogo di Giordano Bruno, il processo di Galileo...). Che il post-comunista Pisapia e i suoi sodali agiscano come agiscono, non mi sorprende e mi conferma nella mia decisione di non votare mai più per coalizioni di cui facciano parte i Vendola e i Di Pietro. L'ultima volta che l'ho fatto, è stato alle amministrative di Gallarate: visto come vanno le cose, me ne sono già pentito. Grazie, Frank Slade”
Scritto da ulderico monti il 29/10/2011 alle 09:37
Un forte abbraccio al Comandante B., che apprezzava tanto i giovani. Solo lui può sapere cosa vi era nel suo cuore, nella sua mente e nelle sue braccia in quei duri momenti. Conservo gelosamente le seicento pagine del libro “Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945” di Roberto Battaglia, che un giorno mi regalò.
Scritto da Alice in wonderland il 29/10/2011 alle 09:43
A differenza di @Ulderico Monti, io voterò ancora per una coalizione che comprenda Di Pietro e Vendola ma le sue considerazioni non sono campate in aria. C'è una vecchiezza nel Pd che mi fa cadere le braccia. Mi vien da dire: avanti Renzi.
Scritto da C.B. il 29/10/2011 alle 11:39
Ho letto mezz'ora fa il post e poi mi sono letto i commenti. E' sabato e ho tempo. Dopo questa fatica, ma i commenti sono buoni, il post mi sembra davvero ben dosato. Mi duole dirlo ma gli ex democristiani quando sono intelligenti sono ancora i migliori.
Scritto da Pd Castellanza il 29/10/2011 alle 11:47
Con il senno di poi tutte le situazioni risultano più chiare, più semplici, più facili. Purtroppo non è così. Il fatto unico ed esemplare della Resistenza fu che, dopo secoli di acritica subordinazione al potere, gli italiani furono costretti ad agire di testa propria perché l’Autorità era sparita e il Paese distrutto. Giovani neppure ventenni furono costretti, dalla sera alla mattina, a scegliere: chi andò con i partigiani a battersi per la libertà e l’indipendenza del Paese, chi pensò che quella fosse l’occasione per realizzare lo stato dei soviet, chi scelse di continuare a combattere a fianco dei tedeschi per un malinteso senso dell’onore, chi si trovò a subire una scelta per circostanze obiettive, chi riuscì a varcare la frontiera svizzera, chi aspettò con sgomento l’evolversi degli eventi. In questa circostanza storica, in un Paese distrutto, affamato, disperato e regredito alle peggiori condizioni del Medioevo era quasi impossibile non sbagliare. Vi furono contraddizioni inimmaginabili: il fascismo fu abbattuto da un gruppo di fascisti che anteposero il bene della Patria allo spirito di fazione a rischio della vita, la monarchia si preoccupò soltanto di salvare la continuità istituzionale, i soldati presero le armi contro l’antico alleato e furono massacrati o fatti prigionieri, le famiglie furono coinvolte in una spirale di violenza terrificante. Mettere a fuoco questa tragedia collettiva non è cosa inutile o oziosa perché è da questo travaglio che gli italiani riconobbero e in parte si liberarono dai loro difetti nazionali. Da essa nacque un nuova Italia. Non si tratta di revisione perché i dati storici non sono minimamente messi in discussione e il giudizio valoriale sulle due parti rimane integro. I morti non hanno bisogno né di celebrazioni né di “pietas”, sono nella verità; le celebrazioni servono ai vivi come memoria e monito. Le cose accadute possono ripetersi in altre forme e circostanze. I caduti di entrambe le parti (la linea divisoria fu però sempre mutevole) vanno onorati non per modificare il giudizio della storia ma perché, mettendosi in gioco con le loro vite, permisero all’Italia di fare un salto di qualità. L’invito che ci viene dal loro sacrificio non è quello di dimenticare, di relativizzare; bensì di riscoprire come valore essenziale per tutti la democrazia. Comprendere quei lontani eventi significa scoprire da dove veniamo, chi siamo e dove vogliamo andare.
Scritto da Cmf. il 29/10/2011 alle 13:26
@ ex PCI di Gallarate mi fai una domanda da 100 milioni di dollari. Si può risponderti citando quintali di documenti o con poche parole.Io per uno ti dico di sì:avremmo garantito la democrazia a tutti coloro che si fossero mossi nel rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana, conquistata col nostro ampio contributo.Per il rapporto coi cattolici, fondamentale nel nostro Paese, ti cito il voto favorevole sull'art.7 e quello contrario dei socialisti. I golpe li tentarono sempre le destre
Scritto da A. Vaghi il 29/10/2011 alle 13:31
Caro @PD di Sesto SG dici che se Pisapia facesse visita in forma privata saluterebbe le persone e non legittimerebbe il nazifascismo . Non mi pare il caso di ricordare che le ideologie senza gli uomini che le interpretano non farebbero alcun passo avanti. Esse viaggiano sulle gambe degli uomini. Come distinguere tra di loro quei feroci assassini di Del Riccio e degli altri resistenti sestesi e milanesii massacrati ed esposti in Piazzale Loreto per terrorizzare i cittadini ?
Scritto da A. Vaghi il 29/10/2011 alle 13:44
@ Vittorio. Mi viene il dubbio che forse non sono più in grado di scrivere in maniera tale da essere capito. Non riesco proprio a comprendere dove il mio commento si discosta da quello di Vaghi e di Chiericati. Ripasserò lessico e sintassi.
Scritto da Angelo Eberli il 29/10/2011 alle 13:54
Che bello se questa discussione potesse essere fatta in una riunione dove Adamoli, Chiericati, Fiori, Molinari, Vaghi, Eberli , Mariuccio Bianchi e gli altri che conosco (Mafalda mi piace molto ma si presenta col nickname) si guardano negli occhi. Meno male che c'è il blog, ma l'incontro reale sarebbe un'altra cosa.
Scritto da Valceresio il 29/10/2011 alle 14:42
Quella di @Fiori è una lezione di vita prima ancora che politica. Noi giovani ne abbiamo bisogno. Gli domando, ma il Pd dov'è? Visto che scrive spesso sul blog, vuol dire che, come mia mamma, lo ritiene molto utile ma un blog non basta. Spero che Adamoli non si offenda (i miei genitori lo hanno sempre votato) ma credo che lo debba ammettere anche lui che un blog non basta.
Scritto da Lucia il 29/10/2011 alle 14:53
Ehi, Ulderico Monti, grazie! Oh yes!
Scritto da Frank Slade il 29/10/2011 alle 15:32
Nell'elencare i nomi ho tralasciato @Ulderico Monti, @Leonardo C., @FrancescoG, sempre bravissimi, e poi molti altri, cone @Agosti Rino, che mi sta simpatico, ma solo perché non li connosco per niente.
Scritto da Valceresio il 29/10/2011 alle 15:49
@Lucia, scrive “un blog non basta”. Ha perfettamente ragione. Però è come se dicesse anche “è solo un blog!”. Solo. Cosa vuol dire solo? Nel film “Neverland. Un sogno per la vita”, il piccolo George dice al signor James Matthew Barrie: “Portos è solo un cane! Non potrà mai essere un orso da circo!”. “Solo un cane?” risponde Barrie “solo … è come dire: non può scalare una montagna, è solo un uomo o come dire non è un diamante, è solo un sasso”. Il film narra la vita dello scrittore James Matthew Barrie, autore di Peter Pan e della sua Isola che non c’è (Neverland, appunto). Colgo l’occasione per ringraziare @Valceresio della considerazione e, come già accaduto in passato, per contraccambiare.
Scritto da Mafalda il 29/10/2011 alle 16:12
Cara @Lucia, la domanda che rivolgi a @Fiori è intrigante e lascio a lui la risposta. Sul blog ha già commentato @Mafalda che ringrazio. Aggiungo che vuole essere un mezzo di dibattito e di comunicazione in più. Io l'ho impostato come un forum di temi politici, culturali e sociali. Per questo scrivo un post al giorno che è spesso una semplice introduzione alla discussione. La qualità della partecipazione è buona, i numeri di lettura molto buoni. Per questo sono soddisfatto senza pretendere che possa mai sostiruire l'incontro reale fra persone che, come dice @Valceresio, sarebbe anche più bello e produttivo.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 29/10/2011 alle 17:28
Cara @Lucia, mi sono dimenticato di ringraziare tanto tua mamma e tuo papà. Mi raccomando, non te lo scordare.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 29/10/2011 alle 17:34
“Alice in wonderland” cita la “Storia della Resistenza italiana” di Roberto Battaglia. Ottimo. Apro la mia copia, edizione del 1953 (ah, avevo ventuno anni), e fin dalla premessa è netto il riferimento all'opposizione al fascismo delle “masse popolari”. Nelle 624 pagine si dimostra quanta consapevolezza antifascista animasse il popolo italiano, fino all'insurrezione vittoriosa dell'aprile 1945. Ma se andiamo al quinto volume – La Resistenza - della “Storia del Partito comunista italiano” di Paolo Spriano, troveremo citato il bell'articolo di Mario Alicata “Torna Garibaldi”: “Oggi Garibaldi rientra sul suo cavallo sul suolo italiano. Egli di nuovo galoppa per le vie di Roma, è il vero comandante del popolo, ecc... ecc...”. In una lettera del 19 novembre 1943 da Milano al Centro PCI di Roma, Pietro Secchia scrive: “Si tratta di porre il Partito sul piede di guerra, di mobilitare e fare agire le nostre forze, … , quasi dappertutto si nota uno spirito attesista, si tratta di rompere il ghiaccio e di convincere della necessità di rompere il ghiaccio...”. Vengono costituiti i “distaccamenti d'assalto Garibaldi”, dotati di “una organizzazione e una disciplina di ferro”. La denuncia dello “spirito attesista”, dell'attendismo, si protrarrà nei mesi successivi e il movimento partigiano rimarrà minoritario nel 1943 e per molti mesi del 1944. Una grave crisi del movimento di resistenza fu causato dal Proclama del generale Alexander. Era il 13 novembre 1944. Nel settembre 1944 s'era svolta la Conferenza di Yalta che aveva sancito la divisione dell'Europa in zone di influenza: l'Italia era assegnata alla zona occidentale, perdeva la sua importanza strategica nei piani di guerra, non era più necessario correre ai confini. La guerra ristagnò fino alla primavera 1945 e i nazi-fascisti poterono dedicarsi alla repressione sistematica del movimento partigiano. La resistenza fu opera eroica di un minoranza di valorosi: le Brigate e le Divisioni Garibaldi, sotto la ferrea guida di Luigi Longo furono, a gloria imperitura, la punta di diamante del movimento partigiano.
Scritto da ulderico monti il 29/10/2011 alle 17:48
Ha ragione @ Lucia: il blog non basta. E’ certamente utile e stimolante per uno scambio di idee e di opinioni ma per chi vuole fare qualcosa per migliorare la società ci vuole una cultura di base. Io stesso ho partecipato e organizzato per le Acli, la D.C., il Partito Popolare convegni, scuole, seminari di formazione ( a livello locale ma anche nazionale) che contribuirono a preparare nuove classi dirigenti. Nella fase di avvio dell’esperienza del Partito Democratico sono ripetutamente intervenuto per offrire motivi per un dibattito a pieno campo, non limitato alla gestione dell’esistente, e ho avuto modo di constatare che tali spunti incontrarono apprezzamento anzitutto da parte dei giovani. Alcuni degli attuali dirigenti non gradirono che venisse tolto spazio alle “cose più importanti” e mi invitarono chiaramente e pubblicamente a togliere il disturbo. Il partito, mi si disse, ha bisogno di facce giovani per ottenere consensi e la mia chiaramente non lo era. Non mi sono mai arreso alla prepotenza ma, mentre nella D.C. c’era spazio per dare testimonianza sia pure da una posizione di minoranza, nel P.D. queste possibilità non ci sono: decidono in pochi a chi fare spazio nelle liste e, d’altra parte, senza dibattito nessuno mi conosce. Inutile aggiungere che, in questo modo, si va alla decadenza perché nessun dirigente sceglierà mai una persona più brava di lui.
Scritto da Cmf. il 29/10/2011 alle 18:34
"Il blog non basta", scrive @Fiori. Come non essere d'accordo con lui. Meno male però che il blog c'è, aggiungo io che sono su una posizione politica abbastanza diversa da quella sostenuta qui.
Scritto da Una lettrice il 29/10/2011 alle 18:57
@Camillo Massimo Fiori:"Inutile aggiungere che, in questo modo, si va alla decadenza perché nessun dirigente sceglierà mai una persona più brava di lui." Caro Fiori (se mi posso permettere) hai messo proprio il dito nella piaga. Ma la questione non è relegata solo alla provincia di Varese, il cattivo esempio viene dal PD nazionale, dove non si capisce bene quali siano la linea e le proposte, quante le fazioni in campo e quali gli interessi di bottega. Grazie davvero per il tuo prezioso contributo al blog. @Adamoli-Per quanto riguarda l’argomento del post è davvero difficile pronunciarsi; politicamente e d’istinto sarei per un giudizio severo della Storia che non implichi pietà per chi ha scelto la parte sbagliata, questo come monito e indirizzo alle generazioni future. Ma poi con il cuore mi convinco che certamente è più importante trasmettere ai giovani i nostri valori, fatti di tolleranza, comprensione, pietà e lasciare a loro sessi la scelta di un luogo della politica dove questi valori possano convogliare ed essere raccolti. Una certa misericordia, verso chi ha sprecato o è stato depredato della propria vita in un contesto davvero crudele, non credo possa invalidare il giudizio della Storia, ma può essere educativo verso le nuove generazioni e aiutare noi, con più esperienza di vita a riflettere.
Scritto da Maria Rossa il 29/10/2011 alle 19:24
Trasmetto ad Adamoli una mia impressione. Lui dice che mette un post al giorno per favorire la discussione. Se qualche giorno saltasse ci sarebbe più dibattito. Guardiamo oggi: la discussione è stata libera, aperta, interessantissima. Se avesse cambiato argomento la si sarebbe persa. Sbaglio?
Scritto da Nicora Luigia il 29/10/2011 alle 20:23
I milanisti di casa mi stanno dicendo che il discorso che Bersani ha tenuto a Napoli è un po’ “trapattoniano” (da Trapattoni, commentato dalla Gialappa’s Band)). Riporto uno stralcio che può costituire una risposta a @Camillo Massimo Fiori: “La distinzione giovani-adulti è una stupidaggine di dimensioni cosmiche. È chiaro che tocca ai giovani, a chi deve toccare? Ma bisogna mettersi a disposizione. Non si può dar l'idea che un giovane per andare avanti deve scalciare, deve insultare. Non è questo in una famiglia, in una squadra. Noi siamo un collettivo e la ruota deve girare nel collettivo. Da soli non si salva il mondo. Guai a un ricambio senza cambiamento, guai a un ricambio secondo lo slogan: ‘vai via tu che arrivo io che son più giovane’. Serve ricambio con cambiamento. Perché non si può mettere vino nuovo in otri vecchie, serve vino nuovo in otri nuove. Se non facciamo così uccideremo veramente la speranza e il futuro del Mezzogiorno”. Che contribuisca un po’ anche il Gutturnio piacentino? Propongo di far stampare, a caratteri cubitali, un manifesto da appendere in ogni circolo del Pd: “SI VA ALLA DECADENZA PERCHE’ NESSUN DIRIGENTE SCEGLIERA’ MAI UNA PERSONA PIU’ BRAVA DI LUI”. Comprendo (comprendiamo) le parole di Fiori. Quanta amarezza!
Scritto da Mafalda il 29/10/2011 alle 21:32
Complimenti a @Ulderrico Monti, sempre documentato e preciso. Mi piacciono le pezze d'appoggio che porta al suo pensiero.
Scritto da Alberto Fumagalli il 29/10/2011 alle 22:11
Mi aggancio alle parole molto amare di @Fiori delle 18.34. In sostanza è stato praticamente respinto dal Pd. Tu, Adamoli, sei fuori dagli incarichi. Come ti spieghi tutto questo?
Scritto da Sommaruga Giuseppe il 29/10/2011 alle 22:18
@Mafalda, "Vino Nuovo in otri nuovi" è una frase che ripetevano continuamente Prodi e Parisi 15 anni fa ai tempi dell'Asinello. Bersani ormai è cotto.
Scritto da Roberto F. il 29/10/2011 alle 22:46
Oh yes! (Se Frank Slade mi permette...). Avevamo iniziato a parlare di Resistenza e rispetto per tutti i Caduti, ma non mi ci ritrovo più: siamo calati di quota e mi pare che siamo arenati alla filosofia (per me non comprensibile) del blog-ismo e infine alle questioni “equine”. Una volta il Partito contava sui “cavalli di razza”, ora è sceso agli asini scalcianti. Non è propriamente un progresso! Oh yes!
Scritto da ulderico monti il 30/10/2011 alle 00:53
Leggo solo ora il finalino di @ Mafalda nel suo ultimo commento. Credo che l' esortazione di quel manifesto valga anche per lei. Mafalda è come Dottor Jekyll e Mr Hyde.
Scritto da Aspide il 30/10/2011 alle 10:28
Caro @Sommaruga, mi rattrista l'amarezza di @Fiori di cui sono amico da molti anni. Potrebbe dare un contributo importante che i lettori del blog hanno avuto modo di apprezzare. Il mio caso è completamente diverso. Ho deciso io di non candidarmi più in Regione, di non accettare la candidatura a sindaco di Varese, di non entrare nelle varie liste del congresso provinciale. Dopo tanti anni un incarico operativo nel Pd di Varese sarebbe fuori luogo.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 30/10/2011 alle 11:08
Gentilissimo signor Ulderico, la copia in mio possesso del libro del Capitano Barocci, alias Roberto Battaglia (un destino già nel cognome), è la quinta ristampa della nuova edizione e porta la data 1964. E’ stata riveduta e corretta dallo stesso autore, l’ultima fatica cui si è dedicato con la passione e l’intelligenza dello storico. Mi è stata donata alla metà degli anni Novanta. Non era intonsa ma vissuta ossia sottolineata e meditata in più capitoli. Io la ringrazio per la ricostruzione storica che ci ha voluto fornire. E’ preziosa. E’ un piccolo tassello del Grande Mosaico cui apparteniamo tutti.
Scritto da Alice in wonderland il 30/10/2011 alle 11:09
@Maria Rossa - Scusa ma l'incedere rapido dei vari commenti mi ha fatto sorvolare sul tuo. Lo ritengo calibrato e appropriatto. Lo condivido pienamente.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 30/10/2011 alle 22:09
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