Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 8/1/2012 alle 10:44

 

Interessantissimo il volume su Aldo Moro, “La democrazia incompiuta”, edito e distribuito dal Corriere della Sera giovedì 5 gennaio.
E’ un’antologia mirata dei discorsi e degli scritti del presidente della Dc assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978 per aver voluto il “compromesso storico” e l’incontro con il partito comunista.
La laicità della Dc; l’allargamento delle basi della democrazia; l’amicizia con l’America ma insieme la rivendicazione dell’autonomia italiana dentro i margini consentiti dalla guerra fredda e dalla Nato; il timore per l’eccessiva invadenza della politica nella società; lo scrutare a fondo il mutamento intervenuto dopo le rivolte studentesche (ed operaie) del 1968; questi e altri ancora sono stati i capisaldi culturali della sua coerente azione politica.
Nello spazio angusto che mi sono ripromesso sul blog, desidero fare solo due sottolineature. La prima riguarda la sua preoccupazione di tenere la maggioranza silenziosa nella Dc. Moro temeva fortemente l’esplodere, non solo elettorale, di un sentimento reazionario e di destra che avrebbe causato fortissime tensioni col partito comunista più forte d’Europa e determinato la necessità di una svolta autoritaria.
La presenza di un leader comunista come Enrico Berlinguer, che ben capiva la necessità dei passi graduali (esempio: la sua accettazione dell’ombrello Nato), è stata decisiva per formulare il progetto di “solidarietà nazionale”, che l’uccisione di Moro ha poi brutalmente interrotto.
Il secondo richiamo riguarda l’ansia  morotea di esplorare le inquietudine sociali serpeggianti negli anni Settanta, la sua attenzione alla condizione giovanile, femminile, operaia. Per affrontare questa inquietudine, ripeteva incessantemente, la Dc doveva praticare il “principio di non appagamento”. Un principio, alla fine tradito, che è stata una delle cause della decadenza e della fine della Dc.
In sostanza, Moro non si accontentava di affinare le armi dell’esercizio del potere (problema serio ma non centrale come precisato da @Camillo Massimo Fiori nel dibattito sul post di ieri) ma di capire ciò che capitava negli angoli remoti e anche oscuri del Paese e di proporre soluzioni innovative per i tempi nuovi.
Raccomando a tutti (anche ai giovani) di leggere quel volumetto. Capiranno molte cose anche se non proveranno la mia stessa emozione. Non nascondo infatti di aver pianto quando il suo corpo è stato ritrovato senza vita a Roma dentro una macchina lasciata in un parcheggio: l’unica volta che ho versato lacrime per la politica.
Poi mi è successo in un’altra occasione, per il dolore e la rabbia, alla fine del 1992, ma questa è un’altra storia.
Ricordare Aldo Moro non mi provoca nostalgia, ma pura e profonda malinconia.

 

Categoria: Persone
Commenti dei lettori: 45 commenti -
Una figura come Aldo Moro sarebbe inimmaginabile nell'Italia di oggi. Un pò di malinconia viene anche a me.
Scritto da Federico S. il 8/1/2012 alle 11:31
Capisco l' aspetto personale e comprendo la commozione. Sulla fine di Aldo Moro dovresti prendertela con la stupida -linea della fermezza- ma soprattutto con i dirigenti del tuo partito di quei tempi, che lo hanno lasciato morire. Una vicenda ancor oggi inquietante e piena di interventi, se non con la regia, dei servizi segreti di diversi paesi. La solidarietà nazionale fu bocciata prima a Washington e a Mosca che da altre parti. Il tempo ci sta già facendo capire che questa non è fantapolitica.
Scritto da paperoga il 8/1/2012 alle 11:32
Sono del parere che senza il compromesso storico che si è cercato di attuare negli anni di Moro non ci sarebbe stato il Pd. Spero che sia un merito ma le conclusioni le potremo tirare solo tra qualche anno.
Scritto da Nicola il 8/1/2012 alle 11:49
Aldo Moro fu il primo e, finora unico statista, che ha capito e analizzato non soltanto le particolarità di un “sistema politico” bloccato dai particolarismi di potere come il nostro, eredità del “familismo morale” che gli italiani maturarono per la peculiarità della loro storia, ma anche delle trasformazione che già si preannunciavano negli anni Settanta, portando in primo piano la necessità della “terza fase”. L’urgenza di acquisire tale consapevolezza è stata sottolineata, nel post precedente, da alcuni amici per rendere la politica adeguata alla realtà di un nuovo mondo globalizzato e interconnesso dove il primato della politica è stato sostituito da quello dell’economia. Moro fu un educatore politico per eccellenza perché, sin dai tempi della Costituente (fu uno dei più importanti estensori del testo della nostra legge fondamentale) e poi nella ricerca del “centro –sinistra” e successivamente della “solidarietà nazionale si preoccupò di far seguire alla teoria e all’analisi gli “esempi virtuosi” di scelte difficili e concrete. Non fu “uomo del fare” cose effimere, ma realizzatore delle “cose” importanti che restano a fondamento della democrazia. La consapevolezza di anteporre il bene comune agli interessi individuali, la necessità di una visione complessiva di lungo periodo al posto delle convenienze elettorali si chiama “cultura critica” ed è un bene comune che, insieme ai principi, ai valori e alle idee condivise, costituisce il “capitale sociale” di un popolo. Come si fa a riscoprire e a riproporre ai cittadini l’adozione di tale consapevolezza con il conseguente rifiuto dei populismi e dei conformismi? La “cultura critica”, giova ripeterlo, è la capacità autonoma del cittadino che si sottrae alla influenza di strumenti e tecniche che lo condizionano, di non essere soltanto un individuo-consumatore che crede di realizzare i propri fini mentre in realtà contribuisce a perseguire il profitto dei produttori di beni e di servizi. Quest’ultima attività si chiama “marketing” e non ha nulla a che vedere con la politica anche se da questa è utilizzato. I luoghi di produzione della “cultura critica” sono le grandi agenzie educative come la scuola, la chiesa, l’associazionismo e i partiti (questo insieme costituisce propriamente la “società civile”, non le masse indifferenti e disinformate), oltre ai “media” (giornali, libri, radiotelevisione), a condizione che siano realmente liberi e indipendenti sia dal potere statale che dalla proprietà finalizzata al lucro. Alcune di queste agenzie educative hanno smarrito il senso della loro missione perché sono state contaminate da una logica manageriale che nel “capitalismo cognitivo” (cioè spettacolare) si basa sullo “star system”, cioè sulla personalizzazione; i singoli contano di più dei gruppi e i volti sono più importanti delle idee. Tale processo è evidente nei partiti che da strumenti di educazione, di partecipazione e di promozione sociale dei cittadini sono diventati strumenti sofisticati di sostegno della classe dirigente (la “casta”) risultante della cooptazione, dove contano non i militanti e gli iscritti ma i “leader” con il seguito di capetti e fiduciari; cosi i partiti si sono svuotati di contenuti e hanno perso di credibilità agli occhi dei cittadini. Il “saper critico”, capace di formare oltre che di informare, appartiene a tutti e pertanto il suo accesso deve essere libero; inoltre esso prospera in comunità solidali, tendenzialmente egualitarie, piuttosto che in formazioni competitive al loro interno. Ecco perché i partiti con una forte accentuazione di contrasti, di divisioni e di correnti non sono in grado di elaborare una “cultura critica” e producono soltanto faziosità fini a sé stesse. L’ “inattualità” di Moro è un mito funzionale a una politica senza idee e senza obiettivi che non si propone più di cambiare la società ma soltanto di migliorarne l’efficienza nell’ambito del “pensiero unico universale”, cioè il capitalismo neo-liberista.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 8/1/2012 alle 12:18
Siamo tutti qui a leggere il bel ritratto storico-politico (e non solo) di Aldo Moro che ci ha fornito Giuseppe. Ci impegniamo ufficialmente a leggere il libro anche se il testo, per questa allegra banda del Paese delle Meraviglie, forse sarà un pochino difficilotto. Intanto il Brucaliffo, intento a fumarsi il suo calumet ordinario (ma ci sarà mai qualcosa di ordinario in lui?) ha fatto un fischio di apprezzamento, smuovendo la sua atavica pigrizia, non appena ha letto il commento di @Paperoga. Caspita! E nuvole, nuvole di fumo sono uscite dalla sua pipa! “E chi è questo @Paperoga?” ha chiesto. “Il cugino del senatore Rossi”, ha risposto con la sua consueta tempestività il Coniglio Bianco. “Ma no! Ma quale cugino e cugino!” ha ribattuto il Brucaliffo. Il Coniglio Bianco non ha perso in solerzia rispondendo “Ma sì, l’ha detto lui di essere il cugino del senatore Rossi. A meno che sia un millantatore!” Si è fatta avanti la Regina Rossa e stava per ordinare “Tagliate la testa a @Pap …” ma non l’abbiamo nemmeno fatta concludere, zittendola con un bignè alla crema. Buona domenica a tutti!
Scritto da Alice in wonderland il 8/1/2012 alle 12:41
Era molto meglio la solidarietà nazionale fra partiti diversi che la fusione improvvida nel Pd.
Scritto da Tuo ex sostenitore il 8/1/2012 alle 12:51
Caro @Camillo Massimo Fiori, se lo immagina un duello televisivo fra Moro e Bossi? Oggi il convento politico ci passa Bossi. Che pena!
Scritto da Orlando S. il 8/1/2012 alle 13:06
"Questo paese non si salverà. La stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere" Quanto sono profetiche ed attali queste parole di Aldo Moro.
Scritto da Giorgio B. il 8/1/2012 alle 13:15
Caro @Paperoga, all’epoca ero, con un groppo in gola, un fermo sostenitore della “linea della fermezza” decisa dalla Dc e dal Pci. Questo significa, per il mio partito di allora, decisa da Zaccagnini, Bodrato, Granelli, Martinazzoli, Pisanu, Galloni, Salvi, Belci, amici che stimavo profondamente. E’ certamente vero che America e Unione sovietica non gradivano affatto il compromesso storico ma non è mai stato dimostrato che sono stati loro ad armare la mano assassina delle Brigate Rosse, le quali si sono sempre assunte l’intera responsabilità della tragedia. Affermare, come hanno fatto alcuni, che la Dc avrebbe agito su istigazione americana e il Pci su istigazione sovietica, lo considero una congettura priva di fondamento reale.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 14:39
Caro Adamoli, @Camillo Massimo Fiori afferma che "Moro fu un educatore politico per eccellenza". Sono giovane e se lo dice lui ci credo. Ma il compito di uno statista è in primo luogo di governare bene. Da questo può scaturire l'educazione non da altro, altrimenti si è solo pedagoghi e non uomini di governo.
Scritto da Rino Agosti il 8/1/2012 alle 15:28
Ma caro Giuseppe anche Moretti aveva rapporti con i servizi segreti. Capisco che sia dura da accettare, ma KKB e CIA, per non parlare del Mossad, per tutelare i loro interessi, ne hanno sempre fatte di tutti i colori in giro per il mondo. E sul caso Moro troppi silenzi ed ambiguità. Lo sai bene anche tu.
Scritto da paperoga il 8/1/2012 alle 15:38
@Camillo Massimo Fiori, lei scrive che "la cultura critica è la capacità autonoma del cittadino che si sottrae all'influenza di strumenti e tecniche che lo condizionano...". Ieri @Andreus (alle 17.44), rispondendo ad un concetto simile da lei espresso, scriveva che "è giusto ma sono le elites a fare la differenza". Ho molta stima di lei ma penso che @Andreus abbia ragione. Le due cose possono stare insieme?
Scritto da Luisa Bernasconi il 8/1/2012 alle 15:59
@Rino Agosti - Il mio pare è che una politica degna di questo nome debba avere un contenuto pedagogico. L'azione di Moro, sia come segretario e presidente della Dc, sia come capo di governo, ha avuto sempre questa attitudine educativa. Esempi positivi ce ne sono stati anche nei tempi recenti. Senza entrare nella viva attualità, Azeglio Ciampi e Romano Prodi rientrano in questa caregoria. Io non vedrei tutto sempre e solo nero.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 17:12
@Paperoga - Che Cia e Kkb abbiano compiuto motli misfatti in varie parti del mondo è risaputo e certificato. Nel caso specifico però sono corse soltanto le immancabili dietrologie e basta. Sono dell'opinione che, dopo tanti anni, se l'azione assassina fosse stata in qualche modo ordita da loro, sarebbe già stato svelato. Se succederà, ne prenderò atto.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 17:16
Un omaggio dovuto ad un grande politico laico e cattolico.
Scritto da Luigia Nicora il 8/1/2012 alle 17:31
Sei un abile politico. Quando ragioni da funzionario che ha bisogno della carta bollata per mandare avanti la pratica, non mi piaci più. Ma dio mio, ma possibile che non ti sia venuto un mezzo dubbio? Tra l'altro c'è in giro molto materiale, diversi libri a partire da quello della figlia di Guido Rossa, ora parlamentare Pd a quello del giudice Priore scritto insieme al giornalista De Prospo presentato a Varese non più di un mese fa. Non dico di bere tutto ma nemmeno di girarsi dall' altra parte.
Scritto da paperoga il 8/1/2012 alle 17:44
Fiori fa come sempre un bel discorso, lo ringrazio, ma vorrei capire come si fa ad uscire dal tunnel oggi, non quando la poltica sarà stata purificata e cioè mai.
Scritto da Giulio Carlini il 8/1/2012 alle 17:50
Preferisco la lingua schietta e strafottente dell'Umberto ai ghirigori perbenisti di Moro.
Scritto da Bossiano doc il 8/1/2012 alle 17:50
Nel tuo libro "Cuore e Regione" ci sono una pagina toccante su Aldo Moro. Si vede che eri rimasto molto colpito dalla sua morte tragica. Lo avevi conosciuto bene?
Scritto da Elena il 8/1/2012 alle 18:21
Caro @Paperoga - Lascio stare il tuo accenno polemico che non mi tocca e, per chiudere (da parte mia) la discussione su questo punto, ti dico che i retroscena dell’uccisione di Aldo Moro sono stati l’oggetto principale del mio ultimo e lungo colloquio con Mino Martinazzoli prima della sua scomparsa. Lui aveva sofferto moltissimo per la tragedia di Moro di cui era amico e sostenitore. Le sue conclusioni sono state le stesse delle mie: non c’è altra possibilità che prendere per buone le conclusioni processuali. (La stessa cosa vale per Guido Bodrato). Ci sono invece molto altri misteri italiani su cui manca ancora una credibile verità “almeno processuale”. Su questi ho anch'io le mie congetture. In ogni caso, chiunque tu sia, per me sei semplicemente uno che ha un’idea diversa dalla mia.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 18:53
Cara @Elena - Sono nato politicamente “moroteo”. Da qui il mio attaccamento alla sua figura e alla sua opera. No, non l’ho conosciuto bene, ma ho avuto la fortuna di partecipare ad alcuni incontri “confidenziali” con lui ai quali mi portava l’On. Luigi Michele Galli di Gallarate (parlamentare per 30 anni), che tua mamma ha conosciuto bene. E lo ascoltavo, lo dico nel libro, come si ascolta un profeta.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 18:57
Chi scruta come sta l'Italia in ogni sua piega sociale per proporre soluzioni valide per il futuro? Il nostro problema sta qui.
Scritto da Adams il 8/1/2012 alle 20:11
Hai ragione Giuseppe. I giovani di quella stagione, di fronte a certi leader, sentivano di avere a che fare con dei 'profeti'. Naturalmente i 'grandi' di quel livello erano pochissimi, ma quei giovani assumevano devoti atteggiamenti di ascolto e di rispetto finanche religioso. Oggi mancano grandi personaggi di quello spessore perchè la storia segna e propone sempre intensità diverse. Quelli erano anni 'unici', rintracciabili, con analoga forza, solo nel percorso storico di certa musica ed arte.
Scritto da paolo rossi il 8/1/2012 alle 20:39
Questa sera finisco di leggere le cose che reputo più importanti del libro. Se domani mattina non cambi pagina ci risentiamo.
Scritto da Roseto senza rose il 8/1/2012 alle 21:07
Non riesco a capire se oggi Giuseppe ha minimizzato il Coniglio Bianco per sdoganare Paperoga o se ha sdoganato Paperoga per minimizzare il Coniglio Bianco (sembra la stessa cosa ma non è così. Io vengo dalla scuola di una nota democristiana comasca e ho imparato a cogliere queste sottigliezze). Fatto sta che Giuseppe si è beccato, da parte di Paperoga, del grigio travet, quelli con addosso le mezze maniche di stoffa nera per evitare di sporcare le giacche e le camicie dall’inchiostro liquido di timbri e penne. Una sola domanda voglio porre a @Paperoga: perché ha citato l’acronimo KKB? Secondo il Cappellaio Matto, Paperoga si sta riferendo alla Kazkommertsbank del Kazakistan ma io non ne sono del tutto convinta. Oggi, nel Paese delle Meraviglie, abbiamo indetto un sondaggio a premi (e il premio non è stato ancora chiaramente definito) per indovinare in quale partito militasse @Paperoga negli anni Settanta, dal momento che non era democristiano. PLI? PRI? PSDI? PSI? MSI-DN? PR? SVP? Sono stati omessi PCI e DP perché @Paperoga si è espresso molte volte contro i comunisti.
Scritto da Alice in wonderland il 8/1/2012 alle 21:18
Ho visto questa sera Monti da Fazio su Rai3. Nel suo modo di porsi, di ragionare pacato, di frasi lunghe, di mediare, di distribuire colpe, responsabilità e meriti, mi ha richiamato leggermente Moro. Complimenti a te per il post. Non so in quanti lo leggeranno ma è interessante.
Scritto da Ex Dc apolide il 8/1/2012 alle 21:55
Mi piace il post, che stimola un confronto fra quegli anni e gli attuali. Anch’io ho preso il libro e mi riservo di leggerlo. Ho trovato interessante anche “Amore di Dio, coscienza della storia” di Dossetti (che fa parte della medesima collana “Laicicattolici. I maestri del pensiero democratico” divulgata con il Corriere della Sera). Del libro di Moro mi sembra significativa la frase di Massimo Franco che compare in quarta di copertina: “Le costanti che si avvertono nel suo pensiero sono una sorta di ossessione per l’allargamento delle basi della democrazia italiana, osservata come un organismo vivo e insieme fragile, bisognoso di continui puntelli e antidoti contro un ritorno al fascismo”. Trovo che anche l’attuale democrazia si sia infragilita ed il rischio maggiore che si annida dietro l’angolo sia il qualunquismo, a causa della deriva verso la quale ci hanno trasportato i partiti politici, Pd compreso. Molto competente e signorile questa sera il nostro premier da Fazio. E’ un osso duro e sa unire serietà a senso dell’humour. Quando dice che discuteremo di tutto senza tabù … non gli credo: molti argomenti-tabù (rapporto-Giovannini sulle indennità parlamentari, legge elettorale, ecc.) li ha già magistralmente deviati alle due Camere.
Scritto da Mafalda il 8/1/2012 alle 21:55
La bibbia è una grande libro che lo può leggere anche un laico come me. Lì si trovano i veri profeti. Il suo signor adamoli piagnucolava.
Scritto da Claudio Ennam il 8/1/2012 alle 22:23
@Roseto senza rose - Domani mattina non giro la pagina e aspetto il tuo commento. Buona lettura.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 22:48
Cara @Alice in wonderland, non ho minimizzato affatto il coniglio bianco, dirglielo, mi dispiacerebbe se si fosse offeso. Tanto meno trascuro i tuoi gustosi racconti. Ma @Paperoga aveva proposto un tema su cui sono particolarmente sensibile. Non so nel tuo mondo, ma in questo ci sono troppe dietrologie che trovo insidiose e fastidiose. PS -Ottima l'osservazione sull'acronimo KKB. Adesso vado a vedermi la registrazione di Milan-Atalanta. Agli altri interlocutori, appuntamento a domani mattina.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 8/1/2012 alle 22:53
@Mafalda ha fatto un'osservazione giusta. Il confronto fra oggi e quel tempo è stimolante. Forse sarebbe bene proseguirlo anche in futuro. Potremmo capire qualcosa di più anche noi che non lo abbiamo vissuto.
Scritto da Daniela M. il 8/1/2012 alle 23:20
Caro Giuseppe l’iniziativa del Corsera è assolutamente meritoria. Il fatto di aver pubblicato in queste settimane una collana dedicata a laici e cattolici, alle idee e alla cultura politica che questi “giganti” hanno in qualche modo interpretato segna, purtroppo, la distanza tra questi padri nobili e i politici della c.d. “seconda repubblica”. Se pensiamo che il Cav. si è sempre definito l’erede di De Gasperi…… Scritto questo devo dirti che ho visto con piacere anch’io il libretto dedicato a Moro. Alcuni scritti li conosceva, altri no. Moro è una figura straordinaria della politica italiana. E’ una figura di cattolico che ha saputo unire i valori del cattolicesimo con quelli della laicità senza mai sconfinare nell’integralismo, né nell’una né nell’altra parte. Un “montiniano” per formazione, capace, come sottolinei tu, di essere anche “maestro” come lo era stato, appunto, Montini, per molti, da assistente spirituale della FUCI. C’è un abisso, politicamente parlando, tra Don Dossetti ( che rimane una figura straordinaria di cristiano ) e Moro e dico questo non per scadere in paragoni che non servono, ma per ragionare su come il progetto politico di Dossetti che era “integralista” ( nel senso di trasformazione cristiana della società ) male si adattava ad una Italia che voleva affrancarsi dalla povertà e che voleva essere una società capitalistica e saldamente ancorata all’occidente e che, in uomini come Moro, seppe trovare una guida a cui affidarsi. Moro ( che nasce Doroteo ) seppe individuare, attraverso la sua straordinaria “capacità di capire”, come ad ogni stagione politica fa seguito, se realizzati gli obiettivi, una nuova, ma con equilibri più avanzati da ricercare. Così dopo il centrismo degasperiano succede il centrosinistra e così dopo il centrosinistra succede la “solidarietà nazionale” ( che è cosa diversa dal compromesso storico ). Moro aveva un linguaggio complesso, a volte quasi incomprensibile, ma era il linguaggio che traduceva una riflessione profonda, non banale e, soprattutto indagatoria. Era il linguaggio di chi cerca una visione politica per il futuro. Quanta distanza dai “nani e dalle ballerine” che oggi affollano il parlamento. Ma anche quanta distanza da chi ha trasformato Bossi e Berlusconi in rappresentanti del nuovo. In un film di qualche anno fa, Marco Bellocchio, il regista, in “Buongiorno, notte”, fa dire al Moro cinematografico, tenuto prigioniero dalle B.R. che la D.C. era il partito del “modesto benessere” interpretando cosi, il legame che univa la maggioranza degli italiani alla D.C. di cui Moro era veramente l’anima “visionaria”, ma anche politicamente più accorta. A volte mi chiedo come mai sia stato possibile che nei primi anni del secondo dopo guerra l’Italia sia stata capace di produrre una classe dirigente di quello spessore e come sia stato possibile che, viceversa, negli ultimi venti, venticinque anni non si sia più avuto nulla. E non è solo per avere avuto Bossi e Berlusconi, ma anche per l’incapacità del centrosinistra di esprimere dei “nuovi statisti” e dei “cavalli di razza” come si diceva una volta. E se penso a quante colpe ha il mondo cattolico nell’ aver legittimato come politici di rango delle mezze figure che nulla avevano della statura dei padri nobili…..
Scritto da roberto molinari il 8/1/2012 alle 23:36
Caro Giuseppe, tu hai avuto come maestri l'on Luigi Michele Galli e il sen. Aristide Marchetti. Noi abbiamo avuto e abbiamo te come punto di riferimento. I giovani di oggi chi avranno a Varese? Non sforzarti di fare nomi, non ne saresti capace, non ne esistono.
Scritto da Tuo amico fedele il 9/1/2012 alle 00:00
Cara @Alice in wondeland. L' unica tessera di partito che ho avuto nella mia vita è stata quella del PD. Certo in passato non ho mai votato nè per il PCI nè per tutto quello che stava, alla sua sinistra. @Mafalda, di sicuro su talune questioni Monti è "svicolante". Credo che il suo modello politico di riferimento sia Giulio Andreotti più che Aldo Moro.
Scritto da paperoga il 9/1/2012 alle 08:17
Molti gli interventi interessanti che meriterebbero un commento ma temo di esagerare. Allora mi focalizzo sulle differenze fra le grandi personalità di allora e di oggi sottolineate soprattutto da @Rossi e @Molinari. I leader carismatici di allora erano pochi ma non rarissimi, @Paolo. Nella Dc: De Gasperi e Moro ma anche Fanfani e La Pira (oltre ad una serie di dirigenti di altissimo valore fra i quali voglio ricordare il primo Donat Cattin di cui non ho mai parlato). Ma poi c’erano Togliatti e Berlinguer nel Pci (ed altri), e poi Saragat, Nenni, Ugo La Malfa, Malagodi, Spadolini, Almirante e altri ancora. Perché questi “carismi” c’erano allora e oggi non più? @Fiori fornisce una spiegazione a questa metamorfosi politica che non bisognerebbe affatto trascurare. Aggiungo un’altra causa, secondo me decisiva. Dopo le guerre, i grandi eventi sconvolgenti, oppure dopo le rotture costituzionali, quando bisogna ricostruire sulle macerie fisiche o politiche, i Paesi democratici esprimono quasi sempre il meglio di sé. Quello è il momento delle utopie, dei sogni, dei grandi progetti. Tocca alla politica rigenerarli continuamente, sennò si scade nel burocratismo e nella difesa degli interessi corporativi, innanzitutto della classe dirigente. Nelle notti insonni di fine 1992, speravo che la fine della Prima Repubblica fosse uno di quegli eventi traumatici capaci di rianimare democraticamente l’Italia. Purtroppo non è accaduto. Si è trattato solo di una finta rivoluzione e adesso ci ritroviamo esattamente a dover ripartire da quel punto.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 9/1/2012 alle 09:57
Aggiungo che temevo che questo post risultasse interessante solo per pochi "intimi". Il dibattito intenso mi ha sorpreso e rassicurato.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 9/1/2012 alle 10:02
C'è una politica che asseconda per vantaggio proprio. C'è una Politica che ascolta e guida. Moro era di questa seconda. L'Italia era osservata da tutti: cercava una via umana tra liberismo e socialismo. I terroristi hanno ben pensato di servire i loro nemici liberisti. Arrivò la deregulation Thatcher-Reagan con la finanza incontrollata, con la politica che guardò e non intervenne. E siamo ad oggi. Tra tesi ed antitesi, è il momento della sintesi. Per le persone e non per i modelli ideologici.
Scritto da FrancescoG. il 9/1/2012 alle 10:14
Gentilissimo @Fiori, ho una grande stima di lei. La leggo sempre anche suila Prealpina. Mi permetto di farle una domanda, perchè scrive il suo pezzo e poi si disinteressa delle domande che le vengono rivolte? Il blog è bello per il dialogo che consente. Se lei accorciasse il suo primo intervento e poi intervenisse di più forse sarebbe meglio. Detto con enorme rispetto.
Scritto da Cittadina cattolica il 9/1/2012 alle 10:21
A proposito del rapporto fra partiti e società, si stanno avvicinando le elezioni amministrative che in provincia di Como riguarderanno alcuni comuni importanti e c'è la questione delle liste civiche. Sarebbe interessante che se ne discutesse sul blog.
Scritto da Un Pd comasco il 9/1/2012 alle 10:54
lei signor adamoli continua a dire che appoggia monti e la sua azione ma questo significa distruggere la vita di milioni di pensionati, lavoratori, insegnanti, studenti, emigranti. Vuole dire spostare un’enorme quantità di risorse dalla società alle casse della finanza vuol dire distruggere la vita civile e mettere le basi per un’ondata di nuovo razzismo e nazionalismo. Poi ha voglia di tornare alla democrazia. Per farci cosa? Per decidere il colore con cui pitturare le macerie? Non si può dire alt alla democrazia quando si prendono decisioni importanti per poi riprenderne l’uso quando si tratta di gestire gli effetti. La democrazia è stata definitivamente eliminata dalla storia europea nel momento in cui il capo del governo greco papandreu è stato messo da parte perchè aveva osato proporre un referendum sulle misure economiche che stanno distruggendo il suo paese. E’ stata definitivamente seppellita quando goldman sachs ha detto a due suoi funzionari di occuparsi della grecia e dell’italia. io continuo a non capire perché lei signor adamoli fa gli interessi della combriccola di monti e non gli interessi degli italiani. Ma per lei è un lavoro?
Scritto da Claudio Ennam il 9/1/2012 alle 13:00
Sono di Tradate e sono interessato anch'io al problema delle liste civiche come il Pd di Como. A Tradate si voterà in primavera.
Scritto da L.M. il 9/1/2012 alle 13:10
Aldo Moro è stato un personaggio atipico della politica italiana; non potendolo inquadrare negli schemi convenzionali, intorno alla sua figura è nato un florilegio di pregiudizi; tra questi la leggenda che parlasse troppo e concludesse poco. In realtà Moro era soprattutto un ascoltatore e non parlava a vanvera; la lunghezza dei suoi interventi pubblici non era dovuta a pedanteria ma era il frutto della densità del suo pensiero; ho assistito personalmente a molteplici suoi discorsi, anche congressuali, e sono sempre rimasto impressionato dall’attenzione del pubblico che lo seguiva in un silenzio surreale e quasi religioso. Moro non fu però soltanto un intellettuale, un teorico del pensiero politico, un educatore ma un polito completo e concreto che seppe imprimere l’Italia, che nella sua storia aveva sempre inclinato a destra, una svolta di segno opposto. Il potere era tutto contro di lui, ciò nondimeno egli seppe esercitare per lunghi anni una leaderschip che trovava sostegno non già nel numero dei suoi seguaci ma nella forza intrinseca delle sue argomentazioni che riuscivano a convincere anche quelli che non erano allineati con la sua linea politica. Fu statista nel senso vero della parola, aveva una visione non provinciale ma universale, conosceva bene la realtà del nostro sistema bloccato dai corporativismi, dalle fazioni, dalle diffidenze ma riuscì a costruire una coalizione inedita che inaugurò una nuova stagione dei diritti. Dentro quella nuova maggioranza non mancarono realizzazione concrete e importanti che valsero a far superare al nostro Paese una situazione ben più pesante della difficile crisi attuale. La crisi economica degli anni Settanta con l’ Italia costretta a dare in pegno le proprie riserve auree, il doppio terrorismo eversiva alimentato dai nostalgici del fascismo e dagli irriducibili del comunismo, la diffidenza degli alleati atlantici erano condizioni difficilissime da superare. Moro legittimò il confronto democratico ma non tentò di precostituire una qualsiasi alleanza che non fosse scelta dagli elettori; la sua “concretezza” fu diversa da quella di Fanfani o di Andreotti ma altrettanto efficace. Chi crede (ancora oggi) che la politica consista in una “formula magica” e nel leader provvidenziale non può apprezzare la complessità dell’approccio moroteo rispetto al semplicismo mistificatorio di altri. La politica deve essere esercitata dal popolo non attraverso le emozioni ma con la presa di coscienza dei nodi organici che condizionano il Pese e che pertanto vanno rimossi (operazione tutt’altro che indolore), anche con provvedimenti impopolari. Le “élites” sono utili ma non costituiscono alternativa al popolo sovrano; i risultati ottenuti attraverso le procedure lente e graduali della democrazia sono duraturi mentre quelli derivanti dalle scorciatoie demagogiche sono apparenti e provvisori. Alcuni mi chiedono: ma come si esce dall’attuale situazione? Le soluzioni “tecniche” ci sono ( c’è l’esempio dei Paesi scandinavi che in pochi decenni sono passati dalla miseria al benessere diffuso tramite le ricette della socialdemocrazia); ciò che fa difetto è una classe dirigente all’altezza della situazione e delle masse popolari autoliberatesi dal condizionamento storico del “familismo amorale”. Al mite Moro è stata rimproverata persino l’umana paura della morte mentre nulla si dice dello Stato che, essendo stato incapace di liberarlo, avrebbe dovuto, come da prassi internazionale, dar corso alle trattative per ottenere in altro modo tale risultato. Il gruppo dirigente di allora ebbe paura delle conseguenze sul piano del consenso (e del potere) e (credo in buona fede) si giustificò citando le parole pronunciate dai farisei due secoli prima: è meglio che muoia un innocente pur di salvare il Paese.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 9/1/2012 alle 13:26
Adamoli, tu dici alle 10.02 che temevi che questo post risultasse interessante solo per pochi "intimi" e invece adesso ti senti sorpreso e rassicurato. Allora perchè lo hai scritto?
Scritto da Un varesino il 9/1/2012 alle 14:08
Eccomi qui, caro Adamoli. Ho letto con interesse alcuni scritti di Moro, ti confesso per la prima volta. Mi soffermo solo sul linguaggio, nel merito mi fido del giudizio tuo, di @Fiori e di @Molinari, diversi ma alla fine convergenti. Stratosferica la differenza con il lessico politico odierno. Avrebbe saputo adattarsi al modo di esprimersi corrente? Difficile dirlo. Penso che il suo ragionamento "largo" e le sue perifrasi fossero al servizio di una mediazione difficilissima e di un itinerario piuttosto complesso per un partito di centro che voleva incontrare prima il Psi e poi l'intera sinistra. Procedere per slogan sarebbe stato impossibile. Indurre il Vaticano a non opporsi richiedeva le acrobazie verbali sul piano della laicità e della visione della società. Leggerlo fa malinconia anche a me ma per la sorte dell'Italia di oggi.
Scritto da Roseto senza rose il 9/1/2012 alle 14:18
Mi sembra che la figura di Aldo Moro sia stata inquadrata mirabilmente sia dalla tua presentazione che dagli interventi di CMF; di mio posso aggiungere che, a volte, i suoi discorsi mi sembravano un po’ fumosi, tuttavia mi ricordo un incontro avvenuto al De Filippi forse nel ’68; lì ho potuto constatare la lungimiranza della sua visione politica. Riguardo all’incapacità dello Stato per la sua liberazione, temo che non tanto di incapacità si trattasse, ma di altro. Non voglio intentare processi per cui non ho prove, ma gli errori, le omissioni e anche i fatti grotteschi che si sono verificati, qualche dubbio dovrebbero farlo sorgere. All’epoca del rapimento di Aldo Moro ero uscito dalla DC e militavo nel PSI che era per la trattativa con le BR; la mia posizione era contraria e lo sarebbe ancora oggi.
Scritto da Angelo Eberli il 9/1/2012 alle 14:53
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