Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 2/2/2012 alle 13:18

 

 
Si è aperto finalmente un dibattito stuzzicante sui giovani e sulle università italiane.
Il merito è del viceministro Michel Martone (foto) con la sua celebre frase sugli sfigati che a 28 anni non sono ancora laureati.
Adesso che il clamore si è attenuato ragioniamoci un momento.
Se Michel non avesse questo nome snob e una faccia un po’ viziata, se non venisse da una famiglia della borghesia colta e benestante, forse la sua uscita, sebbene antipatica, sarebbe stata accolta meglio. Il suo destino roseo, si dice, era scritto nella pietra.
Può essere, stiamo ben attenti però a sostenere che il merito non conta più niente. Così si getta una rete di salvataggio a tutti coloro che il successo non lo otterranno mai perché non ci provano neppure.
L’università sotto casa, il corso post laurea nella città più vicina possibile, il valore legale del titolo uguale in tutti gli istituti malgrado differenze abissali, il posto garantito per la vita intera,  sono tutti fattori che non incoraggiano il senso del dovere.
Ha scritto Antonio Polito che l’unico vero antidoto all’ineguaglianza è la lotta del merito e del talento per emergere negli anni dell’educazione affrancandosi dalla condizione sociale, famigliare o geografica.
Condivido. Il dibattito sugli “sfigati” è meno frivolo di quanto non si pensi. I veri sfigati nella scuola e nell’università li inventiamo noi quando giustifichiamo la mediocrità e l’egualitarismo nello studio, difendiamo il “pezzo di carta” e disprezziamo la formazione professionale.
Questa è l’ideologia distruttiva che produce gli sfigati.

 
Commenti dei lettori: 38 commenti -
Hai toccato un nervo scoperto, caro Giuseppe. Parlare di merito a sinistra è come parlare di Natale ai tacchini o di Pasqua agli agnelli. E infatti le reazioni della sinistra alle parole di Martone sono state le solite stucchevoli e scandalizzate espressioni. Anche se tutti sappiamo che, ad eccezione degli studenti lavoratori (ma quanti sono ?), quelli che a 28 anni sono ancora all'Università sono dei fortunati mantenuti.
Scritto da Mattia il 2/2/2012 alle 13:10
Come dici tu è importante che le università più meritevoli ricevano un'attenzione maggiore per quanto riguarda i finanziamenti pubblici. Le metriche per valutare il raggiungimento di obiettivi prestabiliti deve essere l'avvicinamento al mondo del lavoro, i brevetti rilasciati. Il Politecnico di Milano ha un consorzio e spin-off tecnologico ( acceleratore di impresa) dove si lavora fianco a fianco con il mondo aziendale. Non bisogna lasciare indietro nessuno ma la meritocrazia va garantita
Scritto da Simone Franceschetto il 2/2/2012 alle 13:17
@Mattia, il merito è difficile da far valere e rispettare anche per i figli di papà di destra non solo per la sinistra.
Scritto da Giovanna G. il 2/2/2012 alle 13:36
D'accordo su tutto.
Scritto da Andrea Botta il 2/2/2012 alle 14:28
Michel Martone è il figlio di Antonio Martone, ex avvocato generale della Cassazione scelto dal ministro Brunetta per la presidenza del Civit (“Commissione per l’integrità, la valutazione, la trasparenza delle amministrazioni pubbliche”). E mentre il padre veniva scelto per l’alto incarico, il figlio riceveva dal medesimo ministro Brunetta una bella consulenza per l’importo di 40 mila euro. Il punto non è tanto il costo: il punto è che mentre il padre, Antonio Martone, doveva valutare la pubblica amministrazione e cioè l’operato del ministro Brunetta, il figlio, Michele Martone, riceveva una consulenza proprio dal ministro Brunetta. Pietro Ichino del Pd presentò anche un’interrogazione a cui prima il portavoce del ministro (ufficiosamente), poi il ministro (ufficialmente) risposero sdegnati. Martone (figlio) scrisse a Ichino dicendo “Non ho pensato di rinunciare all’incarico dopo la nomina di mio padre perché francamente non ne vedevo, e non ne vedo, la ragione”, e Ichino scrisse sul suo sito che: a) la consulenza era “gravemente inopportuna” b) il suo costo (40mila euro) era “inopportuno visto il tema di nessuna urgenza e di poco apprezzabile rilievo, quale quello dei problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di Paesi terzi”. Anche la Civit, scrisse Ichino, dovrebbe vigilare sulla trasparenza dell’operato delle amministrazioni pubbliche: ritiene dunque l’Autorità indipendente che in questo caso il principio di trasparenza sia stato applicato in modo corretto? Sfigato non è, questo Michel Martone. Ma se fosse anche lui un furbetto?
Scritto da Ferdinand il 2/2/2012 alle 15:07
Caro Giuseppe al di là delle polemiche suscitate dalle parole del sig. Michel e dai dubbi espressi sui quotidiani per il suo “concorso” da universitario, il problema esiste eccome. Però io la vedo un po’ diversamente. Oggi, io credo, occorra essere radicali e comportarsi conseguentemente in ogni campo. Si deve passare da ogni logica egualitaria ad una di “eguaglianza delle opportunità”. Quello che manca nel nostro Paese è questo. Il merito va sempre premiato, ma occorre anche creare le condizioni affinché chi è meritevole, chi è dotato, chi ha le capacità possa essere messo in condizione di affermarsi. Quando si nasce in una famiglia “povera” il nostro Stato cosa fa per promuovere l’ascesa sociale attraverso lo studio, il lavoro? Dove sono le borse di studio? Dove sono i mezzi per sostenere gli svantaggiati? E allora ci si arrabatta. Si va verso l’università più vicina perché costa meno. Si va a lavorare magari part-time perché occorre recuperare i soldi che servono, ma questo va a detrimento, magari, della frequenza, dello studio e dei risultati perché non sempre è possibile fare due cose insieme e mantenere la stessa concentrazione. Dunque un po’ il cane che si morde la coda. E così cosa succede? Succede che la differenza la fa ancora il “censo”, così, chi ha le possibilità economiche si fa il “Master” magari all’estero e questo ti da l’accesso ai migliori posti e alle migliori opportunità. La scala sociale rimane ferma e chi ha raggiunto l’obiettivo della laurea con grandi sacrifici la vede svalutata. Ovviamente, come scrivevo poc’anzi, bisogna essere consequenziali nel sostenere il merito. Il merito non riguarda solo lo studio, la cultura veri strumenti di promozione, ma anche il lavoro e, perché no, anche la politica. Possiamo dire che in politica le competizioni sono uguali? Che si parte tutti sulla stessa linea? Oppure ci troviamo di fronte ad un mondo dove chi ha le “risorse” economiche è avvantaggiato rispetto a chi ha l’intelligenza? Quanti “faccini simpatici” sono stati promossi perché bellocci in politica rispetto a meriti assenti? E che dire della logica devastante in cui anche noi stiamo cadendo per cui si candidano le persone sulla base delle appartenenze di genere e non sulla base dei meriti? Si candidano, appunto, i “bei faccini”, uomini o donne, si candidano le donne perché donne, si candidano i gay e le lesbiche perché gay e lesbiche, si candida l’uomo di colore perché di colore e così via. Insomma, anziché candidare la persona perché meritevole, perché preparata, perché intelligente e con idee si sceglie l’appartenenza di genere su tutto o peggio lo si sceglie perché dotato di mezzi “economici” e “di relazioni” o, anche questo devastante, perché popolare già, come se l’essere popolare sostituisse la capacità di fare politica. Dunque anche noi che facciamo politica dovremmo assumerci la responsabilità di fare delle scelte chiare e di avere dei comportamenti adeguati, altrimenti, anche le nostre sono parole vuote e i nostri sono falsi comportamenti moralisti incoerenti.
Scritto da roberto molinari il 2/2/2012 alle 15:25
@Ferdinand - Grazie delle informazioni che renderanno Michel Martone ancora meno simpatico (o più antipatico). Ho voluto usare le sue parole per introdurre, in modo "stuzzicante", il tema della meritocrazia che è decisivo in una società mondiale molto competitiva
Scritto da Giuseppe Adamoli il 2/2/2012 alle 15:26
Sulla scuola e sull'università è giusto quel che dici. Troppa bambagia per quei giovani che vogliono fare i fannulloni.
Scritto da Ex Pci Gallarate il 2/2/2012 alle 15:46
Cosa significa "merito"? Si può stabilire con legge, con regolamento, con circolari, il concetto di merito? Non si può prescindere dalla storia di una nazione. E noi siamo italiani. Siccome ne ho viste tante nella mia vita, io sono sempre un po' diffidente quanto sento parlare di merito. Ho letto anch'io sull'Espresso le cose che riporta @Ferdinand. L'Espresso online ha fatto un bel dossier settimana scorsa.
Scritto da Ex democristiano il 2/2/2012 alle 16:04
Giustissimo il discorso sul merito. Poi, in casa, perdoniamo troppo. E' sbagliato ma è più forte di noi, o di me.
Scritto da Una mamma il 2/2/2012 alle 16:06
@Roberto Molinari, abbi il coraggio di dire a chi ti riferisci quando parli di qualcuno che in politica ce l'ha fatta senza grandi meriti. A qualcuno di Varese aiutato anche da Adamoli?
Scritto da Un varesino il 2/2/2012 alle 16:11
Caro “Un varesino” a dire il vero pensavo alla Minetti e ai tanti “nani e ballerine” che oggi siedono in Parlamento, dunque illazioni zero! Caro “un varesino” quando deciderai di crescere, magari uscirai anche dall’anonimato e forse qualche pensiero politico riuscirai ad esprimerlo. Buona giornata.
Scritto da roberto molinari il 2/2/2012 alle 16:27
@Ex democristiano, è difficile parlare di merito. Esemplifico per chiarirmi le idee: In politica il contrario del merito sono le cooptazioni e il listini bloccati. Nella scuola la carenza di selezione che c'è in troppi istituti ti e università. Nella vita l'insufficiente competizione libera e paritaria che in Italia è un costume molto diffuso.
Scritto da Roseto senza rose il 2/2/2012 alle 17:11
Caro @Roberto, se dici che lo Stato e la politica fanno troppo poco per premiare i meritevoli ti do completamente ragione. Ma il mio proposito era un altro. Era quello di contestare l’egualitarismo dei risultati che è ben diverso dall’eguaglianza delle opportunità. Non mi vorrai dirmi che non c’è da noi una mentalità che addossa furbescamente allo stato responsabilità che sono personali e famigliari, vero? Se poi uno lavora e si laurea dopo i 30 anni il problema non esiste. Io ho ottenuto la laurea 32 anni e mi sono considerato fortunato, non sfigato.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 2/2/2012 alle 17:25
Caro @Ex democristiano - Sai benissimo, tu che ti sei laureato alla Bocconi, che il merito non si misura con i certificati, né si accresce con le prediche generiche. Può emergere solo da un ambiente sanamente competitivo. Le università lo sono? Tutti gli esperti affermano che non è così, salvo naturalmente una buona minoranza. Nelle stesse università ci sono facoltà e facoltà. Poi i favoritismi si verificano dovunque. Nelle università americane chi fa sport, ad esempio, è molto avvantaggiato. E i figli di…godono sempre di qualche favore, ma questo è un altro discorso.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 2/2/2012 alle 17:29
Art. 3 (…) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Finché questa parte della nostra Costituzione rimarrà una pura petizione di principio e non si cercherà di applicarla veramente parlare di merito e talento equivale a prendersi in giro. Ben venga la cancellazione del valore legale delle lauree ma non si deve confondere l’egualitarismo con gli effetti di una società bloccata, dove l’ascensore sociale ormai funziona solo in discesa.
Scritto da Lele il 2/2/2012 alle 17:49
Chi sa di calcio, sa di un Meroni in buona forma sacrificato a un Bulgarelli a metà servizio (Corea del Nord - Italia 1-0, 1966). Motivo? Meroni era "originale". Di un Baggio a casa dai mondiali giapponesi (per sponsor?). E sono sicuro conosciamo tutti dei fenomeni di quartiere che non si sono affermati (insipienza, alcool, droga). Il talento, qualsiasi esso sia, ha bisogno di terreno fertile per svilupparsi. Crescendo, fa migliorare, a sua volta, il terreno.
Scritto da FrancescoG. il 2/2/2012 alle 18:01
Il discorso sul merito è serio. Sapete perchè? Perchè in parte funziona anche in Italia, malgrado tutto. Chi dice che tutto dipende dalle raccomandazioni vuole cercare scuse alla propria inettitudine.
Scritto da Maurizio il 2/2/2012 alle 18:20
Martone sbagliò modi e tono. Ho già espresso la mia opinione qualche giorno fa. Ma il problema è reale e va affrontato. Il merito deve contare. E' indispensabile: non fosse così, a medio termine si rischia di farsi male (in ogni senso). La cultura familista non basta. La competizione come dogma non è sufficiente. Vanno tessute insieme. Un balzo culturale positivo. Ad esempio, saremmo certi che Martone è bravo e non solo fortunato. (a proposito di meritocrazia, ricordate il listino regionale?).
Scritto da FrancescoG. il 2/2/2012 alle 18:21
Difendiamo il pezzo di carta e disprezziamo la formazione professionale è l'epilogo del blog. Tocchi un tasto dolente in questo paese avvitato ancora al primato della "formazione umanistica". Un pregiudizio nei confronti di intelligenze altre votate alla tecnica, alla manualità. Prendiamo esempio dai paesi nordici, dalla Svizzera dove funzionano bene le Supsi ( Scuole universitarie professionali). Atenei che coniugano "pratica e grammatica", un antidoto ai bamboccioni e ai fuori corso eterni.
Scritto da cesare chiericati il 2/2/2012 alle 18:29
Caro @Lele, se aspettiamo l'applicazione dell'art. 3 della Costituzione per parlare di merito non caveremo mai un ragno dal buco. Perchè non le due cose insieme? L'art. 3 fornisce un indirizzo per le Istituzioni pubbliche e insieme un precetto di vita per tutti. Non sarà mai un obiettivo che si consegue una volta per tutte ma un approdo da perseguire giorno per giorno.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 2/2/2012 alle 18:31
A volte ho l’impressione che alle nuove generazioni venga inculcata l’idea che il lavoro non abbia più un “significato sociale”. Non è un caso che il nostro premier abbia fatto quell’uscita infelice sulla monotonia del “posto fisso”, non tenendo conto dei risultati di un’indagine effettuata l’anno scorso (non ricordo da chi) su un campione di neo-diplomati e neo-laureati, i quali, in percentuali bulgare, hanno dichiarato di agognare il “lavoro fisso”. Mi è piaciuto molto il passaggio di @Simone Franceschetto: “non bisogna lasciare indietro nessuno ma la meritocrazia va garantita’. Sono d’accordo. Ma sono anche d’accordo con @ex democristiano (ciao! è un po’ che non ti si leggeva) quando pone quesiti sul significato di “merito”. Tempo fa, un “cacciatore di teste” mi diceva che, per alcuni capi del personale, una bocciatura nel curriculum scolastico non è necessariamente un male. Se il curriculum successivo alla bocciatura testimonia che il candidato è stato in grado di reagire positivamente, ciò può essere determinante per il buon esito della selezione. Per tornare a @Franceschetto, includiamo tutti e non lasciamo indietro nessuno. Però, non affidiamo più 4mila persone agli Schettino della terra. Eventualmente solo le sorti di una giovane moldava (che, giusto per fare un po’ di gossip, proprio oggi ha dichiarato di essere infatuata di lui). Sia @ex democristiano che @roseto senza rose attribuiscono al “sistema-Italia” la mancata applicazione della meritocrazia e la insufficiente competizione. Infatti, non è un caso che “Der Spiegel” scrisse che Schettino poteva essere solo di nazionalità italiana. Infine, ho letto anch’io la scorsa settimana il ritratto che ha fatto “l’Espresso” su Martone junior, citato da @ex democristiano. Sconcertante ma, ahimè, vero.
Scritto da Mafalda il 2/2/2012 alle 18:33
Ok, però alla base dobbiamo mettre le famiglie in condizione di poter far accedere i figli agli studi superiori, e non parlo solo di laurea.Oppure per i meritevoli intervenga lo Stato in maniera generalizzata.Altrimenti il problema dell'ugualitarismo e della mancata meritocrazia nemmeno si pone..
Scritto da Maria Rossa il 2/2/2012 alle 19:20
Problema ostico, soprattutto a sinistra, ma va affrontato. La competizione fra università, ben regolata, è necessaria come il pane.
Scritto da Pd Pavia il 2/2/2012 alle 20:14
sto seguendo rutelli, ospite di lilly labbrone gruber. il presidente della margherita è sicuramente colpevole. non so ancora di cosa ma è colpevole. non ho mai sbagliato. sono un sensitivo. un sensoriale. un sensore. un sensale.
Scritto da Claudio Ennam il 2/2/2012 alle 20:43
Ho seguito Rutelli a Otto e Mezzo. Era molto scosso. Non so cosa dire, non riesco a farmi un giudizio.
Scritto da Loredana B. il 2/2/2012 alle 21:31
Monti parlando del posto fisso ha detto che è anche monotono. Capisco quello che voleva dire però forse era meglio se trovava altre parole.
Scritto da Chiara il 2/2/2012 alle 21:31
Il titolo di studio ha "valore legale" solo per la PA. Nel privato è prassi comune "pesare" il voto di Laurea sulla base dell'Ateneo o della Facoltà di provenienza e da qualche anno esistono parti terze (es. almalaurea.it) che misurano l'efficacia (!!) del corso di studio. Il problema è estendere la valutazione della competenza anche alla PA. Chiediamoci, per esempio, se è giusto che nella GdF si faccia carriera per i "pezzi di carta" oppure per i risultati ottenuti nella lotta agli evasori.
Scritto da Giacomo il 2/2/2012 alle 21:56
@Claudio [20:43] Se valesse la logica del merito, Rutelli dovrebbe dare le dimissioni quanto (e forse più) di Lusi. Io (per quanto possano valere le mie sensazioni) non credo che lui fosse al corrente della situazione, ma è proprio questo il problema: come può il presidente di una qualsiasi associazione (anche di una bocciofila, con tutto il rispetto delle bocciofile) non accorgersi che il tesoriere è scappato con la cassa? Insomma, se non è complice è "stupido", che forse è peggio ...
Scritto da Giacomo il 2/2/2012 alle 22:09
@Giacomo, secondo te è vero quello che dice Adamoli e cioè che esiste un mentalita troppo disponibile a giustificare la mediocrità e a tollerare il poco impegno perchè, tanto, la colpa è sempre degli altri se nella vita ottieni poco? PS. La domada è valida se ho capito bene chi è Giacomo.
Scritto da Iscritto Pd Castellanza il 2/2/2012 alle 22:32
@PD Pavia [20:14] Prendo il calcio come esempio (consapevole delle "eccezioni" ricordate da @FrancescoG [18:01] e anche dei limiti del confronto che, lo ammetto, è un po' provocatorio): perché nel calcio ci sono 20 squadre in serie A, 22 in B e 72 in C, mentre le Università sono tutte nella stessa serie? Nel calcio succede che Torino, Sampdoria, Brescia e Varese giocano in B, mentre Juventus, Milan, Genoa, ma anche Catania, Cesena e Chievo si trovano in A ... e le Università?
Scritto da Giacomo il 2/2/2012 alle 23:09
@Pd Castellanza: che sia io o no, mi tocca comunque rispondere e lo faccio riprendendo (forse in maniera irrispettosa, e, nel caso, me ne scuso) la parabola dei talenti. Secondo me ci sono troppe persone (anche tra i giovani) che preferiscono seppellire i loro talenti piuttosto che metterli in gioco, nella convinzione che la "sicurezza" debba essere la cifra della loro vita. Sono convinto che i talenti, o meglio, il talento (soprattutto dei giovani) sia troppo prezioso per restare sotto terra.
Scritto da Giacomo il 3/2/2012 alle 00:40
Sulla vicenda dei 13 milioni di euro - ovvero 26 miliardi di lire - scomparsi, avrei voluto esercitarmi con un commento tra ironia e sarcasmo, ma sono stato travolto dal disgusto. Perchè se è vero che da tempo ho perduto la fiducia e la speranza nel riscatto della sinistra e del centrosinistra italiani, mi illudevo che permanesse un residuo di intelligente buon gusto. Invece, affermare che 13 milioni di euro possano scomparire senza che i dirigenti se ne accorgano è un insulto che offende in primo luogo l'eleganza dell'argomentazione e che rivela il disprezzo di casta per l'opinione pubblica. Se fosse vero e possibile che uno solo poteva sottrarre 13 milioni, ed è una evidente menzogna, i dirigenti avrebbero dimostrato di essere inadatti al ruolo e indegni di aspirare ad un qualsiasi ruolo di governo, non dico del Paese, ma di una banale bocciofila. Ho ascoltato con vergogna l'autodifesa di Rutelli e poi l'attacco di Parisi (la voce di Prodi) che rovesciava la tesi dell'ignoranza. Ma nessuno s'è mosso politicamente ed è stato necessario l'intervento della magistratura. Dalla vicenda si leva un lezzo di decomposizione, un sentore di morte civile che investe il Partito Democratico, sempre in ritardo nell'analisi, nella denuncia, nella iniziativa politica.
Scritto da ulderico monti il 3/2/2012 alle 08:16
Cara @Loredana B. (21.31) - Rutelli non mi ha convinto. Dopo aver garantito di non aver preso un euro avrebbe dovuto aggiungere una cosa sola: "Mi assumo la responsabilità politica di quanto è successo". Ne parlerò ancora.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 3/2/2012 alle 09:05
Cara Chiara (21.31), nella sostanza Mario Monti fotografa la realtà in divenire perché i posti fissi diminuiranno sempre di più. Ma sulla monotonia del posto fisso doveva rendersi conto che avrebbe gettato benzina sul fuoco. Non parla più dalle colonne del Corrire, parla da Palazzo Chigi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 3/2/2012 alle 09:08
In una società strutturalmente intrisa di raccomandazioni e storicamente conformata alla mentalità del "mi manda Picone", la battaglia per la tutela e la valorizzazione del merito è sacrosanta, così come l'aspirazione ad andare oltre la mediocrità ed un certo egualitarismo da quattro soldi. Per intenderci, anche quando facevo politica al liceo e all’università, pur militando nelle formazioni della sinistra giovanile, non ho mai difeso il 6 o il 18 politico. Mio padre, che per un soffio non ha finito architettura (c’era la guerra, l’hanno mandato in Sardegna come tenente dove si è sposato con mia madre), ha inculcato nei suoi tre figli (tutti e tre maschi) la “pratica della responsabilità” (che oggi è stata stravolta da Calearo e Scilipoti) come mezzo principale di ogni attività umana. Scritto questo, non condivido assolutamente l'ideologia (anche questa è una ideologia!) sottesa a quanti oggi prefigurano una società meritocratica fondata sulla competizione individualistica in tutti i settori: a scuola, nel mondo del lavoro, come nello sport e nella vita. Più che il merito, questa ideologia, figlia di un certo liberismo, premia la competitività come modello di vita e di relazioni sociali e molto spesso finisce per identificare il “migliore” con il più forte, il più spregiudicato o, peggio ancora, con colui che è più disponibile e meno assertivo. Sintomatica di questa ideologia, che correla merito a flessibilità, è stata proprio l’infelice uscita di Mario Monti sul posto fisso. A proposito, perché non cominciare a porre dei limiti di legislatura per eliminare il posto fisso in politica?
Scritto da Leonardo C. il 3/2/2012 alle 11:04
Caro @Leonardo - Alla tua domanda finale risponderei che il limite appropriato sarebbe di tre legislature. Ma bisogna analizzare bene qualche problema. I leader hanno bisogno di tempo per affermarsi. E quanti sono i leader di un partito? Temo che il capitolo delle eccezioni sarebbe più faceto che serio. In America e Gran Bretagna scompaiono dalla scena i leader che falliscono o gli ex capi di governo che cessano dalle funzioni. Ma i semplici parlamentari durano qualche volta un vita intera. Il nodo vero è il meccanismo di selezione. Certo, se si continuasse con le liste bloccate le mie argomentazioni non avrebbero più alcun senso.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 3/2/2012 alle 12:48
L'uscita è da bocciare, ma di ragazzi che vanno fuori corso perché gli piace fare la bella vita con happy hour e serate in discoteca ve ne sono parecchi. E penso che alludesse a costoro. A chi lavora per pagarsi gli studi e ritarda va solo onore e anzi dovremmo dare loro piu aiuti. Triste è che vi sono ragazzi che fanno ripetizioni a 20€ l'ora e apposta vanno fuori corso perchè "dove trovo un lavor che mi paga cosi bene, se mi laureo tanto non mi assume nessuno, continuo cosi"....riflettiamo
Scritto da Federico il 6/2/2012 alle 10:41
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