Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 12/2/2012 alle 12:35

 

Mario Monti fin dal settembre scorso in vari articoli e interviste Tv sosteneva (non era ancora premier) che un “nuovo governo istituzionale” avrebbe dovuto procedere per coppie di provvedimenti: uno che piacesse di più alla destra e l’altro di più alla sinistra.
Gli esempi prevalenti erano il mercato del lavoro e le liberalizzazioni.
Da capo del governo sta facendo in questo modo. Ma io mi domando: perché mai le liberalizzazioni dovrebbero spaventare un partito che si dichiara liberale come il Pdl? Evidentemente era ed è molto più populista che liberale, aiutato moltissimo in questo nella sua azione di governo da Lega Nord.
E poi mi domando: perché mai un partito del progresso come il Pd dovrebbe allarmarsi di una riforma del mercato del lavoro urgente e necessaria come il pane proprio per i tantissimi lavoratoti esclusi dal sistema di protezione in vigore?
Forse, è ancora tentato dal guardare indietro invece che avanti ma una forte attenuante ce l’ha. Ah, se Elsa Fornero avesse lasciato l’art. 18 a conclusione del percorso riformatore!
Scalare una montagna a freddo rischia di essere quasi proibitivo e di lasciare indietro troppe persone che avrebbero più bisogno di arrivare in vetta.

 

Categoria: Economia, Persone
Commenti dei lettori: 45 commenti -
Dal titolo mi era venuto un colpo, il testo è quasi passabile.
Scritto da Pietro (di sinistra) il 12/2/2012 alle 14:15
Sulla tempestica sbagliata concordo ma io sottolinerei soprattutto l'esigenza di cambiare molto compreso l'art. 18.
Scritto da Francesco il 12/2/2012 alle 14:28
Con proposte come quelle della Fornero e di Ichino si abbassano i diritti al livello di chi ne ha meno. Sarebbe una perdita secca per i lavoratori.
Scritto da Lavoratore Cgil il 12/2/2012 alle 15:25
Più che l'articolo 18, direi che maledetti siano coloro che ne fanno un uso improprio e strumentale. Senza fare alcun atto d'accusa particolare, osservo, come ha fatto qualche giorno fa il segretario generale della Cisl, che con la stessa enfasi con cui si parla dell’articolo 18 si dovrebbe parlare anche della carenza d’infrastrutture, del sistema fiscale, del funzionamento del credito, del costo dell’energia e dei tempi della giustizia. Solo in questo modo allora si potrebbe credere alla buona fede di chi si lamenta della norma in questione. Ma non è così. L’articolo 18 viene usato per nascondere tutte le negligenze, per distogliere l’attenzione dal lungo rosario degli appuntamenti mancati dall’economia italiana. Così, in sintesi, il pensiero di Raffaele Bonanni, non distante nella sostanza da quello degli altri leader sindacali. Tuttavia Bonanni stesso ha avanzato una proposta non di cancellazione, ma di "robusta manutenzione" dell'articolo stesso, a mio parere ragionevole e condivisibile. Conservando tutta la validità della norma come strumento antiabusi e antidiscriminazioni, si potrebbe, secondo Bonanni, intervenire su due fronti: 1. stabilendo una corsia preferenziale per i processi da articolo 18, che oggi durano fino a sei anni, con tempi incivili per il lavoratore e dannosi per l’azienda; 2.agganciando la disciplina dei licenziamenti individuali per motivi economici a quella già prevista per i licenziamenti collettivi (legge 223 del 1991). L'nteresse espresso o la non chiusura di sindacalisti e uomini politici (non ultimo il responsabile del Dipartimento Lavoro ed Economia del P.D Fassina qualche giorno fa a Varese) per la proposta del leader della Cisl ci fa ben sperare.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 12/2/2012 alle 16:00
L'art. 18 è un'anomalia italiana. Non si venga a dirmi che in tutta Europa i lavoratori sono meno protetti che in Italia. Mettiamolo pure alla fine del percorso il ritocco dell'art. 18 ma la riforma del mercato del lavoro non può concludersi senza questo cambiamento.
Scritto da Luig Manfrini il 12/2/2012 alle 16:10
@Mariuccio Bianchi. Se non ci saranno smentite alle informazioni di un articolo odierno sul Corriere a firma A.Baccaro, tra le posizioni di Bonanni e Fassina (PD?) c'è qualcosa di più della "non chiusura". Su Fassina del resto mi è sembrata politicamente forzata la cronaca di Vnews a firma Rotondo sull'incontro pubblico tenuto a Varese e oggetto di un post precedente.
Scritto da mose il 12/2/2012 alle 16:43
@Mariuccio Bianchi. Finché il Pd resterà legato a filo doppio non con i sindacati ma con la Cgil soltanto non mi aspetto niente di buono. Fassina è venuto a raccontarci le tesi della Camusso. Niente di diverso.
Scritto da Giovane ex rottamatore il 12/2/2012 alle 17:09
Il PdL è sicuramente più populista che liberale perché sa occuparsi del proprio elettorato. Invece, pare che al Pd i propri elettori non interessino. Vediamo da qui alle prossime elezioni quante perdite lascerà sul campo. I giornali di ieri ci informano che la Giunta di Formigoni ha approvato il progetto di legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione”, una sorta di “risposta lombarda alla crisi”. Ora tutta la parte spetta al Consiglio. Pare consti di 65 articoli e si sviluppi intorno ai seguenti temi fondamentali: capitale umano (formazione e mercato del lavoro), sviluppo del territorio, ambiente, infrastrutture, reti telematiche e semplificazione della pubblica amministrazione. Formigoni e Gibelli si premurano di rassicurarci che le disposizioni normative che il progetto prevede sono a costo zero sia per i cittadini lombardi che per le imprese che per la Regione stessa. Staremo a vedere l’iter di approvazione consiliare in Commissione. Spero che il Pd sia presente compatto, legga, studi, vigili, emendi, insomma, sia propositivo e, ove necessario, migliorativo. La Fornero che piange (a causa del surmenage, come ho già avuto di scrivere) è una pagina inguardabile del governo-Monti. Verrebbe quasi da invocare una politica tutta al maschile.
Scritto da Mafalda il 12/2/2012 alle 17:24
Una vera riforma del mercato del lavoro in Italia non può prescindere dall'affrontare la questione dell'art. 18. Non per consentire alle aziende di licenziare di più ma per permettere alle stesse di assumere "meglio", ovvero con contratti non a termine.
Scritto da Alfred il 12/2/2012 alle 17:25
Caro Giuseppe pensare che l’art. 18 sia il “problema” del mercato del lavoro nel nostro Paese è una “grande panzana”. E’ una invenzione ideologica fatta sia da chi ne vuole l’abolizione tout-court sia da chi non vuole neanche lontanamente discuterne il contenuto. Quante sono le cause per art. 18? Poche se non pochissime. Quanto durano? Una causa di lavoro dura meno di un anno quello che le allunga sono l’eventuale appello e il ricorso in Cassazione. Come terminano? Pochissime con vittoria datoriale, moltissime con la reintegra che, si badi bene, all’90% si trasforma nell’opzione economica per il lavoratore. Dunque i problemi del nostro mercato del lavoro stanno altrove. Stanno nell’assoluta assenza, nel nostro Paese, di percorsi formativi efficaci per reintegrare come forza lavoro i lavoratori disoccupati e nella mancanza di controlli dei contratti stipulati. E qui mi permetto di mettere in evidenza due contraddizioni. Gli industriali per molti anni hanno sostenuto l’esigenza e la necessità di alzare l’età pensionabile ( cosa puntualmente avvenuta di recente ). Bene, scelta per certi versi inevitabile. Ma sono sempre gli industriali che poi vogliono espellere i lavoratori con più di cinquanta anni perché costano troppo. Dunque da un lato ci si vuole in pensione più tardi, dall’altro, gli stessi che sostengono questo, sono i primi a voler eliminare intere generazioni dal lavoro. Seconda contraddizione. Ma quanti sono i giovani costretti a lavorare come precari con contratti assolutamente improponibili per mansioni assolutamente da lavoro subordinato? Oggi ti fanno un contratto di co.co.pro per vendere la frutta e la verdura o per lavorare come impiegata in una agenzia di viaggio. Ti fanno un contratto di partecipazione in associazione per fare la commessa in un negozio di intimo. Ti fanno la partita iva per lavorare in un call-center. Ti fanno lavorare per una cooperativa che ti paga di meno per svolgere le stesse mansioni di chi, magari in azienda o in casa di riposo, è assunto da più di dieci anni. E poi ci si lamenta del perché i giovani non facciano famiglia, non abbiano progetti per il futuro o non accendono mutui per comprarsi casa e allontanarsi dai genitori. Io credo che nel nostro Paese ci sia un problema di liberalizzazioni, di mercato del lavoro da riformare per dare “opportunità” e ci sia da mettere mano anche al welfare perché sono tre filoni che marciano insieme e non possono essere distinti. E su questo ultimo punto non sento ancora voglia di riforme. Chiudo segnalandoti due letture interessanti. Il pezzo di Gramellini su “La Stampa” di sabato 11 febbraio che dovrebbe far riflettere tutti e un libro appena uscito “L’Italia di Donat-Cattin”. Questo ultimo è una raccolta di lettere tra Donat-Cattin e alcuni maggiorenti D.C. Ben altra dimensione aveva quella classe dirigente….
Scritto da roberto molinari il 12/2/2012 alle 17:42
Caro Mariuccio (16.00), è chiaro che mi riferivo all’uso ideologico dell’art. 18. La mia idea, peraltro niente affatto originale, era che prima si dovesse cercare un accordo sullo sfoltimento dei contratti, sugli ammortizzatori, sull’apprendistato, sulla riqualificazione professionale dei lavoratori, poi affrontare la riforma, magari parziale, della norma estremamente controversa dello Statuto dei lavoratori. Su questo penso di convergere sulle tue posizioni.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/2/2012 alle 17:43
@Adamoli-Infatti intendevo anche questi comportamenti quando parlavo di "ingenuità politica" da parte di certi Ministri; non disgiunta però da una certa arroganza di chi non deve chiedere, (il voto) mai.Giusto e condivisibile il tuo post ma..,alè….le tifoserie si sono appassionatamente schierate a ragionare di art.18! Eppure nelle riforme in itinere di carne al fuoco ce n'è ben molta e altra. Se è vero che la Fornero aprirà il mercato del lavoro ai giovani e in particolare ALLE giovani, io le perdono tutto, lacrime di coccodrillo comprese!
Scritto da Maria Rossa il 12/2/2012 alle 17:46
D'accordo con @Mariuccio: maledetto l'uso improprio dell'articolo 18. D'accordo anche sulla necessità di prevenire e punire ogni discriminazione. Mi sembra altrettanto chiaro che è necessaria una riforma della normativa sul lavoro. Mi piace anche che il governo voglia affrontare adesso un tema che è allo stesso tempo delicato e strategico: sono convinto che una buona soluzione permetterà a più persone di proseguire nel cammino e di arrivare in vetta. Se non ora, quando? Se non ora, chi?
Scritto da Giacomo il 12/2/2012 alle 18:01
@Roberto Molinari,un pò di nostalgia per la classe dirigente di quei tempi la ritengo anch'io giustificata.
Scritto da Una Pd Varese il 12/2/2012 alle 19:39
Ti ho vista questa sera TGR. Grande saggezza. Nei giorni scorsi avevano annunciato uno "speciale". Faccelo sapere quando lo fanno.
Scritto da Luisa Bernasconi il 12/2/2012 alle 20:20
Caro Adamoli, ottima la tua intervista al Tg3 di stasera sugli anni di tangentopoli. Magari ci fossero tanti politici che ragionano in questo modo.
Scritto da Giuseppe Brielli il 12/2/2012 alle 21:02
A Mafalda. Vorrei rassicurarla un poco per quanto riguarda il progetto di legge regionale “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione". Dopo il no, come sembra, di Cgil e imprese, il contestato passaggio dell'art.3 del provvedimento che prevedeva la possibilità di un "contratto tra regione, sindacati e imprese per garantire la riqualificazione di personale in mobilità in cambio della rinuncia espressa del lavoratore a qualsiasi rivendicazione giudiziale" è stato soppresso. Il blitz di Formigoni sembrerebbe così scongiurato. Almeno così spero.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 12/2/2012 alle 22:29
Anche sulle liberalizzazioni il governo metterà la fiducia. Non so dare un giudizio, da una parte vorrei che fossero rafforzate, dall'altra il rischio che il provvedimento venga battuto con i voti del Pdl e della Lega è forte. Forse è meglio la fiducia.
Scritto da Albertone da Giussano il 12/2/2012 alle 22:47
Condivido @Roberto Molinari che non si discosta molto da @Adamoli e @Mariuccio Bianchi.
Scritto da Leonardo L. il 13/2/2012 alle 09:01
Cara @Mafalda (17.24), non ho ancora visto il progetto di legge regionale per lo sviluppo e l’occupazione, quindi preferisco non esprimermi. Formigoni cercherà di farlo approvare rapidamente per anticipare il ministro Fornero. Sarà interessante seguirne gli sviluppi soprattutto per gli aspetti (formazione e riqualificazione professionale) che sono di stretta competenza delle Regioni.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 09:23
Caro @Roberto (17.42), davvero interessante “L’Italia di Donat-Cattin”. Una lettura che farebbe bene anche a chi non ha vissuto quei tempi e ne parla spesso a vanvera. Nel merito del post, penso che la breve replica a @Mariuccio Bianchi abbia chiarito meglio il mio pensiero. Condivido totalmente la tua denuncia sull’abuso intollerabile di mille forme diverse di contratto che deve cessare subito.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 09:29
L'art. 18 non si tocca. Pensino a creare posti di lavoro non a licenziare più facilmente.
Scritto da Operaio in mobilità il 13/2/2012 alle 10:33
se sul Lavoro il governo forza e rompe con la CGIL, per me il PD ha chiuso : diventa parte del problema, non della soluzione. se si vuole che il PD diventi un partito capitalista-liberale, bisogna avere anche il coraggio di fare a meno dei voti di chi quelle idee le combatte da quando è nato, e che -secondo me. ma si vedrà-è la maggioranza di iscritti ed elettori. un partito liberale votato dall'elettorato del PCI ? troppo comodo, cari miei. quanto all'art 18 , serve a licenziare, e basta.
Scritto da marco il 13/2/2012 alle 11:03
e quando poi, introdotta più libertà di licenziare di quanta già ce ne sia, le imprese mandano a casa i 50 enni, e questi fino a 67 anni in pensione non ic vanno, chi li sfama ? la Fornero ? a me sembra che si scherzi col fuoco senza rendersi conto di quello che rischia di succedere : ragazzi, in un momento come questo aprire ai licenziamenti causerebbe tragedie in questo paese...immaginate la fiat senza art.18. ma si vuole la schiavitù davvero ?!...ma abbiate l'onestà di dirlo, allora !
Scritto da marco il 13/2/2012 alle 11:14
@tutti abbiate pazienza dei toni un po' apodittici, eh ! è che la questione mi turba parecchio : io i licenziati l'ho visti ! se un'azienda riduce il fatturato : il modo per diminuire il personale ce l'ha ampiamente : il resto, serve a far stare peggio chi rimane, mettendolo nel terrore : ma noi, ci si crede ancora che tutti i cittadini hanno dei diritti di dignità, oppure purchè si salvi il sistema, chi sta sotto può schiantare ? sgobba e ringrazia, subalterno ! io rimango basito, scusate
Scritto da marco il 13/2/2012 alle 11:32
@Marco, ti senti per caso il padrone del Pd perchè sei della Cgil e vieni dal Pci? Senza l'apporto di altri, come Prodi, non governereste neanche per un minuto e saresre eternamente all'opposizione.
Scritto da Luisa Bernasconi il 13/2/2012 alle 11:44
Mi pare che quella degli ultimi governi di centrodestra e di questo ultimo “tecnico” ci sia una furia iconoclasta verso l’art. 18. Mi pare assodato che ormai questa protezione riguardi una minoranza e non abbia in alcun modo impedito le centinaia di migliaia di licenziamenti avvenuti in questi ultimi anni, inoltre ritengo che per far contente le multinazionali o i nostri imprenditori dovremmo provvedere alla “cinesizzazione” dei lavoratori italiani. Quindi l’art. 18 è un simbolo, buono o cattivo è l’ultima barriera che molti lavoratori sentono di avere nei confronti di un mercato del lavoro medioevale e selvaggio che li vede nella parte dei soccombenti. Io non credo sia sbagliato lottare per tenere questo punto fermo, ma non per fermarsi ma per affrontare le degenerazioni che giustamente evidenzia Roberto Molinari. Un piccolo aneddoto, mi occupavo da poco di personale nel mio ente e vado ad una riunione con il megastradirettore del personale, era appena passato il “nuovo” modello di contrattazione ( il modello Marcegaglia, quello della cena CISL, UIL, Berlusconi, Marcegaglia per intenderci), la prima cosa che affermò fu (parole testuali): “bene, con questo nuovo sistema noi siamo molto più forti nei confronti dei lavoratori”, è questa è solo l’ultima perla, è da quando venne firmata quella sola del Patto per l’Italia che la si prende regolarmente in quel posto. Ora non è pensabile che si proceda ancora con la clava causando una ulteriore frattura, facciamo questa riforma del lavoro ma con buonsenso e soprattutto mettendo sul piatto anche le risorse necessarie a compiere le innovazioni necessarie
Scritto da Lele il 13/2/2012 alle 11:57
Caro @Marco (11.03), m’interessa il confronto con te perché penso che certamente rappresenti una porzione importante del Pd. Sulle “classi” ti ho già detto la mia opinione sabato alle 18.47. Davvero credi che ciò che affermo sia farina di un sacco “capitalista-liberale”? La realtà è che esiste altra parte importante del Pd che immagina soluzioni diverse per risolvere i problemi che tu poni: la conservazione del sistema in vigore porta al disastro. Pare che la mediazione Fassina-Bonanni, richiamata anche da @mose alle 16.43 di ieri, stia aprendo la porta ad una possibile soluzione. Se ci confrontiamo senza delegittimarci a vicenda forse troviamo il compromesso giusto.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 12:01
Gentile Adamoli, un conto è la riforma del mercato del lavoro (che in Italia non funziona per vari e complessi motivi), un conto è l'articolo 18, la cui modifica difficilmente produrrà qualche miglioramento sostanziale del suddetto mercato, ma che, agli occhi degli altri capi di Stato, apparirebbe come la prova provata che finalmente anche nel nostro vituperato paese il neoliberismo ha trionfato, quindi una misura di bandiera. Però, per capire realmente i problemi socioeconomici dell'Italia e dell'Europa, bisogna leggere economisti come Benetazzo o il premio nobel per l'economia Maurice Allais, che fu fra i pochi a prevedere la situazione europea ed italiana attuale, ed a spiegarla in maniera corretta, e che pochi conoscono. Se qualche politico si premurasse di leggerli avrebbe subito contezza che le misure di questo "governo tecnico" difficilmente produrranno qualcosa di positivo per il nostro paese, perché l'analisi dei cosiddetti "tecnici" della situazione è imprecisa e le loro azioni alla fine avranno probabilmente un effetto recessivo sul tessuto socio-economico. Mi voglio però avventurare anche in una modesta proposta di riforma, un po' provocatoria, io che un economista non sono: ritengo che uno dei grandi problemi del lavoro in Italia sia la presenza di caste condizionanti la possibilità di raggiungere o meno i vertici socio-lavorativi per chi non ne fa parte, ovviamente tali caste si fondano o su appartenenze (ad esempio Massoneria, Comunione e Liberazione,etc.) o parentele varie. Purtroppo la famiglia Fornero e la famiglia Martone parrebbero proprio esserne un esempio classico ad un osservatore ingenuo, e quindi dubito siano capaci di quello sguardo scevro da condizionamenti che servirebbe ad un politico per affrontare tali delicate dinamiche. Allora ecco la mia proposta: dato tale stato di cose, che chiunque nel mondo universitario e del lavoro ben conosce, perchè non istituire una quota apposita e formalizzare così il fatto che una serie di impieghi spettano agli appartenenti di tale o tal'altra casta in un determinato settore, per una percentuale di 2/3 dei posti disponibili, lasciando un terzo per chi se lo meriterebbe davvero l'impiego di prestigio? Se stabiliamo che l'appartenente ad una casta lo dichiari, ovviamente ad un registro assolutamente protetto dalla più assoluta privacy, e che in base a tale dichiarazione gli spetti di diritto tal posto di professore universitario, politico, manager pubblico, giornalista, etc,etc, si eviterebbero assunzioni e concorsi farseschi e si limiterebbe ai 2/3 dei posti in quel settore la prevalenza delle caste, avendo così la percentuale di almeno un terzo degli impieghi di rilievo a meritevoli outsider, i cosiddetti "cervelli", che almeno a parole tutti i commentatori sui giornali dicono mancare all'Italia attuale e di cui poi, nella realtà italiana, non frega niente a nessuno.
Scritto da Carlo il 13/2/2012 alle 12:19
L'articolo 18 viene percepito come l'ultimo baluardo di un socialdemocrazia che faceva accettare le disparità con la promessa di una redistribuzione del reddito e una certa mobilità sociale.L'opinione pubblica avverte che da noi i ricchi moltiplicano i loro averi come un tempo in America Latina. La classe media sta sparendo e i lavoratori temono di tornare ai tempi di Germinal.Diciamecelo: una strisciante guerra di classe è in atto
Scritto da Marinella il 13/2/2012 alle 12:58
@Luisa luisa, in vita mia non son padrone di un bel nulla, figurati, e nemmeno lo voglio : mi fa schifo proprio la parola, e la visione gerarchica della vita che sottintende. ciò che aumenta la differenza gerarchica tra le persone - tipo indebolire l'art. 18 -è ciò che voglio combattere. tanti la pensano come me, tanti no : si discuterà, con amicizia ! te dici Prodi : Prodi a noi PDS ci convinse che l'europa era il modo con cui si SALVAVA, il welfare : ma non mi pare che sia andata così !
Scritto da marco il 13/2/2012 alle 13:36
@Giuseppe: le tue domande sono interrogativi retorici. Il PDL non è un partito liberale: quindi combatte le liberalizzazioni; il PD non è un partito progressista, bensì conservatore: quindi combatte i cambiamenti sul tema del welfare. In Italia non esiste nessun partito liberale e progressista: infatti siamo un Paese da terzo mondo.
Scritto da Mattia il 13/2/2012 alle 13:57
@adamoli ma figurati, ci spero anche io in una mediazione positiva , ci salverebbe da un bel ginepraio. la tua posizione -detto con sincera stima- non sarà liberale, ma nemmeno tanto "dottrina sociale", eh! c'è Bagnasco fa degli interventi che pare Trotzky ormai, la chiesa critica gli eccessi del capitalismo finanziario, ne contesta le categorie in radice. invece , questa consapevolezza che un sistema ha fallito, non la vedo nei cattolici in politica, ancora - idee nuove ? ok, ma tutti !
Scritto da marco il 13/2/2012 alle 14:00
La discussione è molto interessante. Ho già pronto una mia breve lettura di tangentopoli 20anni dopo ma la rinvio di qualche ora. Comincio con @Lele che afferma: “L’art. 18 è l’ultima barriera che molti lavoratori sentono di avere nei confronti di un mercato del lavoro medioevale e selvaggio che li vede nella parte dei soccombenti”. Appunto, quella norma non ha impedito la deriva da te descritta. Partiamo allora da qui senza fare di quella norma un simbolo del bene e del male e poi tireremo le somme al termine della riforma abbozzata. E’ quello che sostengo ammettendo che il governo ha scandito male i tempi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 14:42
@Carlo - Sai che la tua proposta non è nuova? L’aveva portata in consiglio regionale qualche anno fa Carlo Monguzzi e suonava così (se non ricordo male): “Lasciamo i 2/3 delle assunzioni a CL e Compagnia delle opere e liberalizziamo l’altro terzo per i normali meritevoli”. Era una provocazione, però, se riferita non alle assunzioni ma ai posti più importanti, aveva un suo significato
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 14:46
@Marinella - Fammi capire meglio, la guerra strisciante di classe chi la combatterebbe? Francamente avrei bisogno di una spiegazione per non prendere lucciole per lanterne (qualche volta mi succede). La socialdemocrazia in Europa si è presentata con tante facce diverse, questo lo ammetterai.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 14:49
Ciao Giuseppe, volevo fare una piccola precisazione sugli articoli di Varesenews e Fassina. Ce ne sono due. Il mio riguarda le domande che noi giornalisti abbiamo fatto a Fassina durante un pranzo al ristorante Il mattarello. Il secondo riguarda l'incontro pubblico e l'ha firmato il collega Tomaso Bassani. Il mio articolo è un'intervista Fassina risponde a domande precise e dunque ha toni diversi, più netti e semplificati, rispetto all'incontro pubblico. Ma garantisco sulla bontà dello scritto.
Scritto da Roberto Rotondo il 13/2/2012 alle 14:54
No Giuseppe, per favore non mi coglionare. La portata dell’art. 18 esula e travalica il dettato legislativo. Se è vero, come anche tu dici, che non blocca niente e non è di ostacolo a niente perché toglierlo? Cosa rimane di simbolico ad un lavoratore per sperare in un futuro migliore, la meritocrazia? il riconoscimento del talento? Come se la società e il mercato del lavoro in Italia fossero davvero aperti o come se fosse possibile sperare per tutti un futuro da imprenditori – poi arriva all’iniziativa di VIE Graglia e ci dice che il primo problema è il passaggio generazionale nelle aziende – perché è vero gli imprenditori tendono a “riprodursi” per via familiare così come i professionisti . Intanto è ormai assodato che nella nostra società il successo o meno di un giovane dipende dalla ricchezza della famiglia e la maggior parte delle famiglie ritiene che i propri figli non miglioreranno la propria posizione sociale, ma il tabù da abbattere è il temibile art. 18. Vabbè.
Scritto da Lele il 13/2/2012 alle 15:19
Sui tempi puoi avere ragione tu, ma sui contenuti concordo con Fornero e il sen Pietro Ichino (Pd).
Scritto da Giuseppe Battaini il 13/2/2012 alle 15:21
Caro Adamoli, sono molto interessata a quanto ci dirai su Tangentopoli. Una sola raccomandazione, probabilmente inutile, sii netto nei tuoi giudizi.
Scritto da Luigia Nicora il 13/2/2012 alle 15:54
@ Roberto Rotondo - Ti ringrazio per la tua precisazione ma nel mio post su Fassina mi sono riferito in modo inequivocabile alla tua intervista e non alla cronaca della riunione pubblica. Per mia abitudine faccio sempre così perché preferisco domande e risposte dirette e precise alla sintesi di lunghi discorsi. Conoscendoti, sapevo che potevo fidarmi tranquillamente.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 16:15
@Lele - Se metti insieme tutto in questo modo non mi ci raccapezzo più. Che c’entra Graglia che ha risposto a una domanda sulle successioni famigliari delle aziende, che è un problema reale? Le tue stesse considerazioni dimostrano che è necessario e urgente cambiare le regole del mercato del lavoro. La conservazione è l’unica via da scartare a priori. Poi facciamo in modo che la meritocrazia pesi di più, si eliminino tutte le figure contrattuali anomale che sono un’umiliazione per chiunque cerchi lavoro e si migliorino i servizi di accompagnamento all’occupazione. Sul resto mi sono già espresso.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/2/2012 alle 16:20
Ottimo dibattito piene di cuore oltre che di cervello. Anzi, in certi interventi, sempre interessanti, trovo fin troppo cuore laddove ci vorrebbe più razionalità. Sono per cambiare sostanzialmente il mercato del lavoro.
Scritto da Luca C. il 13/2/2012 alle 16:26
Visto che siamo sul finire del dibattito, mi permetto un’indebita incursione. Speriamo di essere perdonata. Oggetto: primarie centrosinistra Genova. Avevo conservato pag. 15 de “la Repubblica” dello scorso venerdì 3 febbraio. Poi la leggo – dicevo - poi la leggo ma, alla fine, davo priorità ad altro. Ebbene, i risultati di Genova mi hanno incuriosita al punto da andare a riprendermi tale articolo, che titola “Guerra tra zarine pd a Genova. Vincenzi cerca il mandato bis. Pinotti vuole sfondare al centro. E Vendola scommette sul ‘nobile” Doria”, a firma di Concita De Gregorio che, congedatasi (scaricata?) da “l’Unità”, è ritornata da Ezio Mauro. L’articolo era incentrato sulla competizione fra le due donne del Pd, forti di essere rappresentanti del Pd, oltre che donne. La Vincenzi, sindaco uscente, descritta come “indipendente e ribelle rispetto alla linea del partito” (io l’avrei votata solo per questo, chiudendo gli occhi sui sei e più morti, bambini compresi, dell’ultima alluvione). La Pinotti, sostenuta anche da Cofferati e da Pericu. Nell’articolo, la De Gregorio NON è mai sfiorata dal dubbio che possa vincere Doria. Il segretario regionale del Pd ligure, Lorenzo Basso, si aspettava 20mila votanti. Ebbene, ne sono arrivati 25mila e quasi la metà di questi ha scelto Doria, classe ’57, un ex insegnante scuole medie, ora docente universitario, proposto da Sel e benedetto da don Gallo che disse “quando l’ho visto e ci ho parlato ho pensato ‘oua ghe semu’ ci siamo”. Stanno già fioccando le prime dimissioni.
Scritto da Mafalda il 13/2/2012 alle 17:30
Ottimi interventi. Ringrazio. E' un tema appassionante, fondamentale sul quale, tecnicamente, ho molto da approfondire. Vi ho letti volentieri. Sul lavoro qualcosa va fatto, con al centro la tutela delle persone (tutte) e non di un modello od un altro. Questa applicazione del modello di sviluppo è "andata alle cozze". O la rivediamo, o ci ricaschiamo. (Oggi mi sono emozionato due volte. Sentenza Eternit e immagini della Grecia. Due diverse facce di una stessa medaglia).
Scritto da FrancescoG. il 13/2/2012 alle 23:09
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