Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 12/6/2013 alle 11:36

Un gran discutere sul cosiddetto patto dì Firenze di qualche giorno fa tra Enrico Letta e Matteo Renzi. Sarai contento, mi ha scritto un’amica di Brescia sul blog alludendo alle nostre radici comuni.
Come no? Sono sempre stato amico di Enrico in senso personale e politico ma alle ultime primarie, facendogli un dispetto, ho votato Renzi, che peraltro non avevo  mai incontrato. Meglio di così!
Eppure questo può essere solo un tassello del mosaico arduo da costruire per un Pd che sappia vincere e governare per il bene dell'Italia. Butto lì alcuni spunti.
1) In un partito largo, fatto di storie diverse, il cemento politico deve provenire da fonti e cantieri diversi con un compito principale. Quello di cambiare, allargandolo, un corpo sociale fatto prevalentemente di pubblico impiego, pensionati, fasce intellettuali alte e pochi giovani.
2) Non credo ai patti soltanto generazionali che saltano ai primi immancabili contrasti di potere se non sono accompagnati da una solida visione del futuro.  A partire, per la sua estrema attualità, dal sistema elettorale che rappresenta il modo come si organizza il rapporto fra territorio, elettori ed eletti e come i voti si trasformano in seggi. La stabilità politica futura dipende anche da questa scelta che deve durare per decenni come nelle altre democrazie mature del mondo.
3) Non basta dire "terza via tra statalismo e liberismo". Questo è stato l’obiettivo ai tempi di Clinton, di Blair e di Prodi ma in Italia ha dato pochi risultati perché non accettato da tutto l’Ulivo. Di questa terza via la centralità del lavoro è fuori discussione ma deve significare centralità dell’impresa privata, passaggio ostico nel Pd.
Ho visto negli anni tanti patti, all’apparenza granitici, sgretolarsi in poco tempo. Non è diffidenza. Come potrebbe da parte mia? E’ solo l’esigenza di costruire qualcosa di solido e duraturo.
 

Commenti dei lettori: 47 commenti -
Il patto è validissimo ma non so se saranno in grado di attuarlo. E' probabile che lo scontro di interessi e ambizioni personali faccia saltare tutto.
Scritto da Nicola il 12/6/2013 alle 12:27
Posizione corretta e condivisibile. Il Pd non potrebbe sopportare la linea egemone di una sola parte culturale
Scritto da Lettrice affezionata il 12/6/2013 alle 13:14
Peggio di Bersani non possono certamente fare, poco ma sicuro.
Scritto da Giorgio S. il 12/6/2013 alle 13:55
La differenza più forte che c'è fra i due è che Renzi è chiaramente per la vocazione maggioritaria del Pd, vuole un Pd che prenda più voti possibili e le alleanze si faranno dopo le elzioni. Letta al contrario mi sembra più disponibile ad un accordo pre elettorale vasto come per l'ulivo di Prodi senza l'estrema sinistra. Questa non è una diversità irrilevante perché determina l'approccio del partito al voto. Onestamente io come semplice elettore non saprei quale delle due strade sia la più conveniente.
Scritto da Roseto senza rose il 12/6/2013 alle 14:10
insomma, democristiani al governo, democristiani al partito, e alla sinistra, generosamente, il ruolo di portatrice di voti. come sperate che vi possa riuscire questo giochino, non so , ma al congresso vedremo se vi riesce. la sinistra vota molto volentieri per chi di sinistra non è, alla guida del governo, se è uno di sinistra, alla guida del partito a dirci di farlo. si è visto con prodi, e provare per ingordigia a rompere lo schema non fonziona.
Scritto da marco il 12/6/2013 alle 14:15
@Marco (14.15) - Ti pare che nel post, quando parlo di partito composito, di storie diverse, di cemento politico che deve provenire da fonti e cantieri diversi non abbia segnalato il problema che tu hai esposto?
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/6/2013 alle 14:35
@Marco (14.15) - Lasciami però aggiungere che la spartizione “un ex Ds al partito e un ex Margherita al governo, o viceversa” non mi convince per niente. Sa di vecchio, di retrovisore della storia, o della cronaca. La sintesi dovrebbe essere culturale e progettuale sennò saremo sempre due cose diverse attaccate dalla colla del potere.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/6/2013 alle 14:40
Adamoli lucido e puntuale come al solito. Non posso che condividere in toto.
Scritto da ale il 12/6/2013 alle 14:51
Facciano pure tutti i patti che vogliono ma due ex Dc al comando, di governo e partito, sono indigeribili, anche a chi a sinistra ha buon cuore. Del premier Letta io poi mi fido, del furbino fiorentino,ogni giorno di più, prendo le distanze: non mi è simpatico e, sulle proposte politiche, è un piazzista alla berlusconi: Poi,ricordate,sempre diffidare di chi parla sempre a raffica!
Scritto da nestor il 12/6/2013 alle 14:55
E' un partito plurale. Tutti se lo devono ricordare. Non sarà mai possibile ridurlo ad uno. Questa è una ricchezza.
Scritto da Walter il 12/6/2013 alle 15:30
Si! Infatti avrei applaudito al post, se poi non avessi tu negato l’esistenza di una dialettica tra lavoro e impresa, che non dev’essere per forza conflittuale, ma che è involontariamente regressivo non vedere a priori secondo me,. Un congresso per tesi, forse, avrebbe più chance di sciogliere questi nodi e di iniziare quella sintesi che dici, mai iniziata, senza perdersi in una inutile conta sui nomi, che si potrebbe lasciare, a chi interessa, alla scelta del candidato.
Scritto da marco il 12/6/2013 alle 15:32
@Marco, non so se sei della provincia di Varese o di altre parti. Se sei di Varese spiegami perché non si parla mai di queste cose seriamente nel partito provinciale. E tu vorresti un congresso a tesi senza scegliere chi ci guida? Anche a livello provinciale?
Scritto da Andrea il 12/6/2013 alle 15:55
Non ho mai creduto molto ai patti fra due leader ma credo alla forza del collettivo. Epifani da sindacalista può essere la persona giusta per guidare il collettivo.
Scritto da Giordano il 12/6/2013 alle 16:09
copio e incollo dal doc Bersani (sei tu a essere bersaniano o è bersani che legge il tuo blog? :-)Tutte le principali analisi qualitative del voto del 24-25 febbraio 2013 segnalano che il centrosinistra ha tenuto decisamente meglio le posizioni tra i lavoratori del pubblico impiego, i pensionati e gli elettori con elevato livello di istruzione, mentre ha visto accentuarsi le sue difficoltà tra lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti del settore privato, piccoli e medi imprenditori, precari e
Scritto da roberto caielli il 12/6/2013 alle 16:25
Condivido il post in toto. Non serve un gruppo egemone ma una leadership nuova che sappia rappresentare largamente il Pd.
Scritto da Vittorio il 12/6/2013 alle 17:13
L'unione fa la forza. Con la concordia anche le cose piccole crescono, con la discordia anche il partito dell'apparato si dilegua!
Scritto da Antonio Iosa il 12/6/2013 alle 17:15
Sottolineo questo passaggio: "Centralità del lavoro deve significare centralità dell'impresa privata, passaggio ostico nel PD". Infatti. L'elettorato sa che tale identificazione tra lavoro e impresa non è (ancora) patrimonio della sinistra. La sinistra guarda il mondo imprenditoriale, soprattutto e paradossalmente quello della piccola e media impresa, con diffidenza. Ovvio che la diffidenza sia ricambiata e il risultato si vede nelle urne dove la base elettorale della sinistra rimane asfittica.
Scritto da larpi il 12/6/2013 alle 17:27
@Marco (15.32) - Hai ragione, forse dovevo spiegarmi meglio ma il bisogno di sintesi mi induce a spendere meno parole di quante non sarebbero necessarie. Non nego affatto l’esistenza ineliminabile di una dialettica lavoro- impresa, meglio forse lavoratori-impresa. Sostengo semplicemente che è soltanto l’impresa che genera lavoro e che il patto sociale fra queste due grandi realtà sociali è assolutamente essenziale. Se non sono sordo e cieco trovo che in larghe parti della sinistra questa esigenza è ancora piuttosto negletta.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/6/2013 alle 17:59
Caro @Adamoli, grazie per aver dato questo risalto al mio brevissimo commento di ieri sera. Bella anche la risposta che mi avevi già dato questa mattina sul post della Lega. Se potessi, ti affiderei la direzione delle scuole di formazione del Pd.
Scritto da Una Pd Brescia il 12/6/2013 alle 18:49
@Adamoli, non essendo io del PD, sarebbe certamente sbagliato intromettermi oltre certi limiti ma essendo interessato al futuro del CSX la domanda che mi pongo è la segeunte "PATTO SU E PER CHE COSA"? è questo che non mi è chiaro. Francamente non mi appassiona più di tanto "le provenienze". Personalmente "tifo per "Pippo CIVATI". Infine sul dilemma lavoro o lavoratori e impresa TIFO TANTISSIMO PER IL MODELLO TEDESCO o almeno qualcosa che ci assomigli buttando alle ortiche il modello italiano.
Scritto da robinews il 12/6/2013 alle 18:58
"Tutte le principali analisi qualitative del voto del 24-25 febbraio 2013 segnalano che il centrosinistra ha tenuto decisamente meglio le posizioni tra i lavoratori del pubblico impiego, i pensionati e gli elettori con elevato livello di istruzione, mentre ha visto accentuarsi le sue difficoltà tra lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti del settore privato, piccoli e medi imprenditori, precari e disoccupati. È stato acutamente osservato che l’accentuazione di questo dato nel voto di febbraio ha segnato l’affermazione di una sorta di bipolarismo sociale in luogo di un declinante bipolarismo politico. L’obiettivo di rompere la gabbia di questo bipolarismo sociale deve certamente essere uno dei temi centrali del prossimo congresso." (Pierluigi Bersani)
Scritto da Roberto Caielli il 12/6/2013 alle 20:28
Il Pd è un partito plurale, tutti se lo mettano bene in testa un partito plurale. Nessun gioco di coppia può snaturarlo.
Scritto da Lucky il 12/6/2013 alle 21:52
Ma patto di cosa Adamoli, la sinistra la devono fare gli uomini che hanno storia, identità e tradizione di sinistra, mica gli ex democristiani. Lei forbito, colto, esperto ed intelligente potrà "ingannare ", lo sostengo in senso buono, molta gente, ll trombato Rossi, pulitino, originale, simpatico ed onesto fino al midollo anche, il vostro nuovo pezzo forte, il validissimo Alfieri, altrettanto, ma la sinistra è una cosa che proprio non vi appartiene ed è da lasciare ad altri.
Scritto da un democratico il 12/6/2013 alle 21:54
Il problema congressuale e del futuro del Pd che tu poni è molto serio. Per adesso va bene il tuo post ma ci sarebbe molto da discutere. Ciao. A presto.
Scritto da Un Pd Pavia il 12/6/2013 alle 22:28
@Un democratico (21.54) - D'accordo non offendi proprio nessuno, anzi, ma siccome elenchi dei nomi perché non fai anche il tuo? E' la seconda volta in due giorni che faccio questa considerazione. Potresti anche essere la stessa persona che ieri si firmava @Rottamatrice. Non costringetemi a cestinare i vostri commenti. Cosa vi costa a firmarvi o a mandarmi una mail vera? Ripeto, lo fa ben più del 90% dei commentatori e il modulo di invio dei commenti lo indica come obbligatorio.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/6/2013 alle 22:44
Il problema congressuale e del futuro del Pd che tu poni è molto serio. Per adesso va bene il tuo post ma ci sarebbe molto da discutere. Ciao e a presto.
Scritto da Pd Pavia il 12/6/2013 alle 23:07
Letta è certamente la persona più adatta per guidare un governo con Pd, Pdl e Scelta civica ma ho forti dubbi che Renzi sia il più adatto a guidare il Pd.
Scritto da Walter il 13/6/2013 alle 08:17
@Roberto Caielli (20.28) - Condivido che le parole di Bersani che tu riporti.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 08:34
@Luky (21.55) - Capisco ciò che vuoi dire e lo condivido. Se non mi sbaglio lo dicevi anche quando temevi l’egemonia della tradizione di sinistra. Ho però, come ho sempre avuto, qualche perplessità sulla definizione di “partito plurale”. Trasmette l’impressione di una pluralità di cose diverse e difficilmente componibili. Ora, che siamo stati delle “cose” diverse è ineccepibile ma perché dovremmo continuare ad esserlo? Per questa ragione preferisco di gran lunga l’espressione di partito pluralista. Dà l’idea di un partito unito ma che valorizza le differenze e considera l’esistenza di una maggioranza e di una minoranza come qualcosa di utile e spesso di necessario come è giusto che sia.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 08:40
il pluralismo, in un grande partito, è un valore mentre il correntismo artificiale, fondato su fedeltà personali a questo o a quel leader, (tipico della storia democristiana) è una malattia.
Scritto da trottAmatore il 13/6/2013 alle 08:55
Adamoli pone, come sempre, problemi reali. Li affronto punto per punto. 1. Partito fatto di storie diverse, quindi plurale, ecc., ecc. Credo da sempre che, per uscire dall’unanimismo di facciata e ipocrita (vedi la designazione per acclamazione di Prodi ed il successivo disastro), ma anche per superare la logica delle faide tra “signori della guerra” o ras, cioè capi e capetti, occorra riconoscere lealmente e serenamente le diversità; in altri termini le aree culturali-politiche, se non volete chiamarle correnti, devono legittimarsi reciprocamente, organizzandosi al loro interno, purchè tutte e tutti si riconoscano in comuni regole ed in un comune generale obiettivo. Del resto tutti i partiti della cosiddetta prima repubblica, ad eccezione del partito comunista, funzionavano in questo modo e, se la prima repubblica è crollata, non è certo a causa delle correnti interne ai partiti, bensi’ per la degenerazione e per la corruzione di gran parte del ceto politico e della classe dirigente, non solo politica, nazionale. L’alternativa, per noi, è avviarci verso il partito liquido, che altro non sarebbe che un comitato elettorale, come avveniva per i partiti del lontano Ottocento. Cosa che personalmente non auspico. 2. No ai patti solo generazionali. Piu’ che d’accordo, poiché il problema sono giovani capaci e onesti e meno giovani altrettanto capaci e onesti. In caso contrario faremmo sciocco giovanilismo o altrettanto sciocco affidamento a falsa sapienza senile. 3. Terza via tra capitalismo e liberismo. Passare dalla centralità del lavoro alla centralità dell’impresa mi sembra un dichiarazione puramente nominale, cioè poco concreta. A me, e mi auguro al P.D., interessa altro: centralità del lavoro o centralità dell’impresa, il problema è la comune assunzione di responsabilità da parte di tutti e quindi avviarci, a livello di relazioni socio-industriali, verso il modello tedesco della partecipazione, che altro poi non sarebbe che dare piena attuazione all’art.46 della costituzione. Questo è il vero passaggio ostico della società italiana. Giusto ricordare e condannare l’antagonismo a prescindere che spesso sembra prevalere nella sinistra politico-sindacale, ma giusto richiamare i poco coraggiosi capitani d’industria italiana che eludono nei fatti un’istanza che gran parte del sindacato italiano pone da anni. E tutto questo non è sintomo di coraggio, né di intelligente visione delle cose.
Scritto da mariuccio bianchi il 13/6/2013 alle 09:57
A occhio e croce tra me e la rottamatrice c'è una bella differenza. Comunque tu puoi cestinare tutto quello che vuoi. Credo che ci siano delle regole che tu stesso hai voluto. O si accettano tutti gli anonimi, anche quelli senza mail, o non solo quelli che tra questi fanno comodo. A meno che io sono l'unico che non invia la sua mail allora avresti ragione da vendere. Fammelo sapere, a quel punto ti invierò anch'io la mia. Ripeto, le regole o valgono per tutti o per nessuno.
Scritto da un democratico il 13/6/2013 alle 10:22
Il PD deve essere inteso come un Partito unico, granitico, interclassista, onesto, interessato ai problemi socioeconomici, non come un condominio di tanti partiti. Mi vanno bene le correnti, nel senso di apportatori di idee, ma le decisioni prese da chi gestisce non devono essere continuamente ridiscusse da ognuno, ogni giorno. La lotta di classe deve andare in soffitta, lasciamola come emblema delle battaglie, perse, dell'estrema sinistra.
Scritto da Sic Est il 13/6/2013 alle 10:55
Hanno un bel dire Adamoli, Bersani e Caielli (in ordine alfabetico) nel discutere di ‘bipolarismo sociale’ e ‘bipolarismo politico’. Tanto, poi ci si ritrova sempre alle prese con un altro tipo di bipolarismo, ossia ‘un ex Ds al partito e un ex Margherita al governo, o viceversa’ (Adamoli, 14,40). E’ così. Spiace ammetterlo ma ne siamo tutti, contestualmente, vittime e colpevoli. L’ossatura interiore di una persona (carattere, formazione culturale, sentimenti, modelli relazionali), che già emerge nella scelta di una scarpa (‘ogni scarpa, una camminata; ogni camminata, una diversa concezione del mondo’, sosteneva Nanni Moretti), figuriamoci se non emerge nella scelta del proprio leader politico. Personalmente, trovo inevitabile che gli interventi della Puppato trasmettano sensazioni (legate alla sua storia personale, al suo vissuto, al suo stile di vita) che la Bonafè non riesce a trasmettere. Direi che già questo è un bel bipolarismo … E’ per via della diversa età delle due donne? No, non solo. Si potrà pure non essere d’accordo con alcune sfaccettature programmatiche della Puppato ma come essere d’accordo con la parlantina veloce della Bonafè, standardizzata su quella del suo capo-corrente e caratterizzata dagli innumerevoli incipit ‘io credo’ che preludono solo a un vuoto programmatico? Quando @Larpi scrive: ‘la sinistra guarda il mondo imprenditoriale, soprattutto e paradossalmente quello della piccola e media impresa, con diffidenza’, la Bonafè ci crede, mentre la Puppato argomenterebbe tesi diverse. Come facciamo ad uscire da questo suicida bipolarismo (questo sì, che è suicida). Io sono per un’unione solo fra ‘simili’, pur ammettendo alleanze composite. Capisco anche, però, che questo immaturo soggetto politico si meriti un’altra chance. E allora OK, diamo il via, come scrive Adamoli, a una ‘sintesi culturale e progettuale’, a un partito ‘solido e duraturo’, ma scegliamo bene gli uomini e le donne che metteremo in cammino, con un occhio doveroso alle scarpe che indossano :-) Ecco che la teoria di Moretti si riaffaccia di nuovo.
Scritto da eg il 13/6/2013 alle 11:55
@Un democratico (10.22) - La mia regola è questa. Gli anonimi, che sono pochissimi, li accetto quando esprimono opinioni politiche. Se parlano di persone locali li invito a segnalare la mail. Se i commenti contengono critiche pesanti di carattere personale (non sulle opinioni espresse) o offese chiedo la firma. Non è facile districarsi in questa materia e quindi posso aver commesso degli errori di valutazione. Da alcuni mesi faccio molta più attenzione. E comunque non escludo che in futuro (se ci sarà, ci penserò ancora per qualche giorno) possa richiedere la mail a tutti, ma proprio a tutti. In cinque anni non ho censurato più di sette/otto commenti. Quando l’ho fatto l’sempre dichiarato sul blog.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 12:00
Non avendo letto ieri il blog, posto qui, in ritardo, un commento per @Molinari, solo per dire, che anche lui ha scattato una bella fotografia dell’universo leghista, anzi, di quello che rimane di questo universo.
Scritto da eg il 13/6/2013 alle 12:20
Ormai siamo già nel clima caldo del congresso. Spero che si discuta di politica e non soltanto di nomi. Concordo con la linea di metodo che stai tenendo.
Scritto da f.f. il 13/6/2013 alle 12:27
Dobbiamo intenderci sulla finalità di un patto Renzi/Letta. Se l’obiettivo è, nel breve e medio termine,la stabilità dell’attuale quadro politico – governo a guida PD/coalizione di larghe intese/riforme costituzionali all’insegna del presidenzialismo – un patto di potere tra il Premier ed i Sindaco di Firenze può ben funzionare per consolidare gli equilibri interni al PD in funzione di sostegno e di legittimazione del Governo. Se, invece, la finalità è il cambiamento del PD, in una prospettiva di medio e lungo termine a partire dal prossimo Congresso, allora mi sfuggono i termini del patto. Mentre, infatti, l’idea renziana di un Partito Democratico sul modello americano è chiara, se non altro perché ha avuto modo di rappresentarla in più occasioni, a partire dalla nascita, ormai tre anni fa, del movimento dei rottamatori di “Prossima fermata Italia”, passando dalle primarie ed arrivando ai giorni nostri, mi sfugge, invece, quale sia sull’argomento la proposta di Letta. Non bisogna dimenticare che Letta, almeno fino a allo scorso 24 aprile, era il vice di Bersani e, per questo, responsabile quanto l’ex Segretario nazionale delle scelte e delle strategie seguite dal PD . Poi, Letta ha avuto modo di riposizionare la sua immagine nella nuova veste di Premier, ma da qui a parlare, come per Renzi, di un’idea lettiana di Partito democratico è decisamente difficile, soprattutto volendola immaginare svincolata dagli inevitabili condizionamenti che derivano dal suo ruolo e dalla coalizione politica che rappresenta. Quelle che voglio dire è che se vogliamo veramente assumere quale orizzonte di riflessione l’auspicato cambiamento culturale e politico del PD, l’ultima cosa di cui c’è bisogno è un minimalista patto interno di potere funzionale alla contingenza del governo Letta. Occorre, invece, una nuova dialettica tra posizioni differenti sui temi del lavoro, dell’economia, dello sviluppo e, più in generale, sull’idea stessa di società e di democrazia che prefiguriamo nella nuova fase storica innescata dalla crisi di sistema che stiamo attraversando ed alla quale gli approcci ideologici tradizionali non offrono più efficaci risposte. Da questo punto di vista, come ho detto, le idee di Renzi sono chiare, ma quali sono, se esistono, le proposte alternative? Esiste ancora una sinistra all’interno del PD capace di elaborare una proposta politica in grado di smarcarsi dalle ricette del riformismo e del liberismo e di stimolare una nuova dialettica culturale?
Scritto da Leonardo C. il 13/6/2013 alle 13:23
I bersaniani si stanno organizzando, se trovano il candidato giusto la partita sarà difficile e incerta altrimenti Renzi avrà la strada spianata ma dovrà dire cosa vuole in termini meno generici di quello che ha detto finora.
Scritto da Lorenzo L. il 13/6/2013 alle 14:54
@Robinews (18.49) e @Mariuccio Bianchi (09.57) - Sul punto cruciale del rapporto impresa-lavoro sono del vostro stesso parere. Bisognerebbe avviarsi verso il modello tedesco della partecipazione dei lavoratori nelle relazioni industriali. Aggiungo solo che, a questo riguardo, non c’è solo un ritardo della politica e degli imprenditori ma delle stesse organizzazioni sindacali. Un Pd che si mettesse definitivamente in posizione equidistante (mai neutrale) con i sindacati potrebbe meglio favorire questa impostazione.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 15:26
@Leonardo C. (13.23) - Forse ti sorprenderà un poco ma condivido gran parte del tuo ragionamento. Sul modello di partito, e non solo, c’è più genericità in Letta che in Renzi. Conoscendo bene Enrico e apprezzandolo per molti aspetti (è la persona migliore per capeggiare questo governo), devo riconoscere che il premier per la sua volontà di evitare polemiche pretestuose, di non forzare spaccature, di costruire la sintesi possibile, ha spesso rinunciato ad elaborare proposte nette. Come si è visto, questo suo atteggiamento culturale (si sente l’ascendenza democristiana) sta pagando in questa fase del tutto eccezionale ma al congresso, come tu dici, serve una dialettica forte, uno “scontro” di visioni che ci consenta di rendere trasparente e visibile la nostra identità.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 15:32
Sono della stessa opinione di @ "una Pd Brescia". Dovrebbero attribuire ad Adamoli l'incarico di dirigere le scuole di formazione del Pd.
Scritto da Roseto senza rose il 13/6/2013 alle 16:12
Leggo ‘a rate’. Il punto 3) di @Bianchi (9,57) è una seria e non superficiale argomentazione al pensiero di @Larpi già da me ripreso. Diciamo che l’imprenditore dei giorni nostri sta vivendo le stesse ‘strette’ nelle quali hanno sempre vissuto i suoi dipendenti a salario fisso. Togliere l’IMU dai capannoni? Sì, ma a condizione che in quell’azienda non vengano effettuati licenziamenti, altrimenti il beneficio ricade solo sull’imprenditore. Non sto parlando di grandi industrie, cui probabilmente si riferisce @Adamoli (15,26) ma di quelle artigianali, delle PMI, spesso condotte con grettezza e avidità. La politica dovrebbe preoccuparsi anche di queste categorie dell’anima, senza disdegnarle perché troppo esistenzialiste o troppo filosofiche. In questi giorni si parla di togliere l’IMU anche alle strutture ricettive turistiche. Ciò è accettabile solo se va nella direzione di evitare che l’imprenditore turistico licenzi il personale stagionale e aumenti le tariffe. Lo strumento fiscale deve diventare una leva di incentivazione per l’occupazione, altrimenti favorisce solo l’avidità di una famiglia o di un gruppo societario.
Scritto da eg il 13/6/2013 alle 16:21
@Adamoli, carissimo Giuseppe, ritardo del sindacato sul sistema economico e sociale? certamente si MA PENSO CHE LA RESPONSABILITA' PIU GRANDE SIA DELLA POLITICA (non ha mai voluto legiferare in materia a partire dalla rappresentanza sindacale) E RITARDI GRANDI DELLE IMPRESE che hanno pensato sempre in piccolo (per negare diritti ecc.) L'italia è il paese europeo con dimensione delle imprese più piccole in europa e nel mondo. SOLO PER LUCRARE SULLA NON APPLICAZIONE DELLO STATUTO DEI LAVORATORI.
Scritto da robinews il 13/6/2013 alle 17:01
Si prepari in fretta la legge elettorale che entro un anno siamo ancora al voto.
Scritto da Una mamma attenta il 13/6/2013 alle 18:14
@eg (11.55) - Concordo: “scegliamo bene gli uomini e le donne che metteremo in cammino”. Si, ma con quali mezzi? Oggi la risposta che più mi convince è che le scelte dal basso sono quelle che premiano di più. Ne abbiamo avuto conferma con le recenti amministrative. (16.21) Usare la leva fiscale per promuovere l’occupazione è proprio ciò che il governo Letta dovrebbe cercare di fare. Si parla giustamente molto di Iva e di Imu. Penso che la priorità delle priorità sia ridurre l’Irpef sui redditi più bassi per allargare la domanda dei consumi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/6/2013 alle 18:51
D’accordo con chi scrive che Adamoli dovrebbe tenere corsi di formazione politica. Di fatto, questo blog, puntuale e profondo, in parte già lo è. Io l’ho scritto più volte: Adamoli e Fiori sarebbero perfetti.
Scritto da eg il 15/6/2013 alle 09:53
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